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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2012 alle ore 06:36.

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Nel suo lungimirante capolavoro del 1986, "Governare la crisi: l'equilibrio in un'economia instabile", Hyman Minsky esponeva la sua ipotesi dell'instabilità finanziaria. Janet Yellen, vicepresidente della Federal Reserve, ha osservato nel 2009 che «con il mondo finanziario in piena turbolenza, l'opera di Minsky è diventata una lettura obbligata».
L'aspetto più affascinante delle tesi minskyane è il fatto di collegare decisioni di investimento orientate su un futuro di per sé incerto ai patrimoni che finanziano tali decisioni, e dunque al sistema finanziario. Secondo la visione di Minsky, la leva finanziaria - e dunque la fragilità - è determinata dal ciclo economico. Un lungo periodo di tranquillità accrescerà la fragilità: la gente sottovaluterà i pericoli e sopravvaluterà le opportunità. Minsky avrebbe ammonito che la «grande moderazione» conteneva i semi della sua stessa distruzione.

Gli anni prima del 2007 sono stati teatro di un ciclo del credito privato fuori dall'ordinario, specialmente negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Spagna, sostenuto dall'aumento dei prezzi delle case. Lo scoppio di queste bolle ha portato a un'esplosione, in gran parte automatica, dei deficit di bilancio, come Minsky aveva previsto. Questo è stato uno dei tre meccanismi politici che hanno impedito all'economia di precipitare in una grande depressione; gli altri due sono stati gli interventi finanziari e monetari. Le economie sono ancora alle prese con l'aggiustamento del dopo-crisi. Con tassi di interesse prossimi allo zero, i deficit di Stati sovrani affidabili sono utili da tre punti di vista: aiutano la domanda, aiutano la riduzione della leva finanziaria e aiutano ad accrescere la qualità delle attività private.

Quanta strada ha fatto il processo di "deleveraging"? In America parecchia: nel terzo trimestre del 2011 il rapporto tra debito lordo del settore finanziario e Pil era ai livelli del 2001 e il rapporto tra debito delle famiglie e Pil ai livelli del 2003. Inoltre, come fa notare la Goldman Sachs, «a nostro parere, il numero di permessi di costruzione di nuove case probabilmente ha già toccato il fondo, mentre i prezzi nominali delle case verosimilmente toccheranno il fondo nel corso del 2012». Gli Stati Uniti ormai sono avviati verso la ripresa, anche se sarà una ripresa limitata dal prematuro risanamento dei conti pubblici, dal deleveraging in corso, dai rischi provenienti dall'area euro e, forse, da un aumento del prezzo del petrolio. La ripresa si costruirà su un'economia che continua a essere sbilanciata.

Ma Eurolandia è ancora più fragile. L'Ocse prevede una riduzione del deficit ciclicamente aggiustato dell'eurozona dell'1,4% tra il 2011 e il 2012, contro appena lo 0,2% negli Stati Uniti. Ma il grande pericolo per le economie più deboli dell'eurozona viene dal simultaneo taglio delle spese nel settore pubblico e nel settore privato: è la ricetta ideale per una recessione grave e prolungata. Gli Stati sovrani inaffidabili sono intrappolati in sforzi probabilmente vani per risanare il bilancio statale in assenza di adeguate compensazioni da parte del settore privato e degli altri Paesi. Per questi Stati, una recessione in tutta l'eurozona è una calamità, che ostacolerà enormemente l'aggiustamento esterno di cui hanno bisogno. In questo contesto, l'offerta della Bce di finanziamenti triennali a buon mercato alle banche, che potrebbero prestare soldi a loro volta agli Stati in difficoltà, è poco più di un palliativo: ingegnoso, ma inadeguato.

I Paesi ad alto reddito hanno condotto una serie di esperimenti allettanti. Uno è stato la deregolamentazione del settore finanziario e la crescita trainata dal settore immobiliare, ed è fallito. Un altro è stato la risposta fortemente interventista alla crisi finanziaria del 2008, e ha funzionato, più o meno. Un altro ancora è la riduzione della leva finanziaria dopo la crisi e un ritorno a un contesto monetario e di bilancio più normale, e su questo esperimento il giudizio è ancora sospeso. Ma nell'eurozona la virata verso il rigore di bilancio corre fianco a fianco con un esperimento ancora più importante, la costruzione di un'unione monetaria intorno a un nocciolo duro strutturalmente mercantilista, fra Paesi con scarsa solidarietà reciproca dal punto di vista finanziario, sistemi bancari fragili, economie poco flessibili e gradi di competitività divergenti. Buona fortuna per il 2012. Ne avranno tutti bisogno.
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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