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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2012 alle ore 09:33.

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Come quando a Deauville si era intestardita sulla irrinunciabile necessità di coinvolgere anche le banche nella partita dei costi del dissesto greco, con tutte le conseguenze disastrose che ne sono seguite, ora Angela Merkel con lo stesso fanatico estremismo intende imporre ai Paesi dell'euro rigore draconiano sui conti pubblici a colpi di sanzioni automatiche e intrusioni dirette nella formazione delle varie leggi annuali di bilancio, non solo per raddrizzarli al più presto, ma anche per non doversi ritrovare in futuro a pagare il prezzo della solidarietà finanziaria.
Con questa linea da "angelo vendicatore" delle sane virtù tedesche tradite da partner ingrati e indisciplinati, il cancelliere oggi è risalito nei sondaggi: la sua popolarità è al 63%. Peccato che il suo approccio a senso unico dove il rigore è fine a se stesso e non si coniuga né con la solidarietà e meno che mai con la crescita economica, rischi alla lunga di fare altri sfracelli nell'eurozona: di condannare i malati a morire risanati, grazie alla perversa spirale austerità-recessione-nuova austerità-ulteriore recessione e così via.

Monti è con questa Merkel che dovrà fare i conti e riuscire a convincerla che il rigore è necessario, ma deve essere temperato da una serie di ammortizzatori che scongiurino un disastro altrimenti annunciato. Benissimo quindi la riduzione di un ventesimo annuo per il debito pubblico purchè si tenga conto degli "altri fattori rilevanti" ad esso collegati, compreso l'andamento della crescita economica. Benissimo anche l'azzeramento del deficit ma con la regola d'oro che sottragga gli investimenti strutturali. Nel primo caso si tratterebbe semplicemente di mantenere un sistema di calcolo già codificato nelle regole del nuovo patto di stabilità entrato in vigore a metà dicembre. Nel secondo sarebbe una conquista che ha sempre incontrato il no tedesco.

Nessuna rivoluzione comunque, niente battaglie sugli eurobonds e neanche sul ruolo della Bce come prestatore di ultima istanza, anche se sarebbero questi gli strumenti decisivi per sbaragliare la speculazione contro l'euro in quanto il segnale di un'autentica volontà di integrazione dell'eurozona. Che smentirebbe la strategia dei piccoli passi contraddittori, bocciata dalla storia e dai mercati.

Evidentemente prima di capirlo la Germania deve passare attraverso un disastro come quello degli "haircut", che si è dovuta rimangiare. Monti nel frattempo tenterà di fare quello che può per procurarsi una sponda con la Francia, per non perdere per strada la Gran Bretagna, per tessere alleanze con tutti i Paesi Ue medi e piccoli, in breve per costruire un solido contrappeso alla superpotenza tedesca. Se possibile, una sfida ancora più difficile di quella con cui deve misurarsi in Italia.

Anche questa però una sfida obbligata. Nell'era globale infatti non si può giocare impunemente con la pelle dell'euro e dell'Europa: i costi di un fallimento sarebbero collettivi, senza eccezioni. E ora, con l'America che si allontana, un lusso davvero proibito.

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