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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2012 alle ore 06:39.

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Lina
Palmerini La politica e le scelte di Mario Monti sono sempre state aiutate, almeno fin qui, dalla ribalta internazionale. Non solo dalla crisi in sé che attraversa l'Italia e costringe a sacrifici ed emergenze, ma anche dal supporto che ha avuto da leader e autorità europee oltre che dal "tifo" della stampa internazionale. È accaduto con la manovra di dicembre – con la sua dote di tasse e riforma delle pensioni – presentata in anteprima a Merkel e Sarkozy e ai vertici della Ue, che hanno dato il supporto a Monti allegando un messaggio agli italiani: la strada è giusta e obbligata. È accaduto anche qualche settimana fa con le liberalizzazioni, anche queste fatte velocemente e con un decreto legge – come mai era accaduto negli ultimi venti anni – proprio perché dovevano essere portate al Consiglio europeo come "prova" di un'Italia che continua a fare i compiti a casa. E a sudarsi la fiducia di Bruxelles e dei mercati.
Una fiducia arrivata con i primi allentamenti sullo spread e con una considerazione per il ruolo del nostro Paese che negli ultimi tempi mancava. Addirittura il Financial Times ha titolato "L'Europa sulle spalle di Monti", mostrando il premier tra il presidente francese e la cancelliera tedesca.
Insomma, è anche l'impulso esterno e il supporto che ne deriva per il Governo ad accelerare un percorso interno di risanamento e cambiamento. È come se il contesto europeo e internazionale non solo ci bacchettasse o condizionasse – fino al punto di dettare le manovre finanziarie, come è già accaduto – ma aiutasse a compiere un cammino. Il fatto che l'Italia abbia ripreso un ruolo da protagonista sulla scena internazionale in qualche modo "forza" i partiti e il Parlamento verso una direzione. E tanto più Monti aumenta il suo prestigio, tanto più è difficile per i leader politici pensare di metterlo fuorigioco. Ma adesso i nodi vengono al pettine sul mercato del lavoro e le liberalizzazioni: e qui la posta in gioco per Pdl e Pd si fa alta.
Ad aiutare il premier forse sarà un'altra occasione internazionale: il suo viaggio dei prossimi giorni negli Stati Uniti. L'incontro con Barack Obama, l'accoglienza della stampa americana, gli investitori di Wall Street, saranno tutti tasselli utilissimi per far rifiorire l'immagine italiana ma avranno un effetto "boomerang" soprattutto in casa nostra. Le parole del Governatore della Fed, Ben Bernanke, hanno in qualche modo dettato l'agenda del summit tra Obama e Monti: «La crisi finanziaria europea minaccia la ripresa americana». E l'attuale premier italiano è ora un interlocutore affidabile per discutere di temi che sono in cima alla lista di priorità di un presidente degli Stati Uniti già in campagna elettorale.
Se davvero il passaggio a Washington si rivelerà un punto a favore per Monti, sarà sempre più difficile per i partiti imbrigliarlo in un gioco di ricatti e di trattativa al rialzo, come è sempre capitato nei governi politici di coalizione. Più il premier si rafforzerà sul piano internazionale, più sarà in grado di conquistare autonomia nei confini nazionali. È difficile staccare la spina a un Governo quando ha dalla sua gli Stati Uniti e i vertici europei e soprattutto se riesce a triangolare tra questi soggetti. Anche questa missione all'estero avrà, dunque, i suoi effetti "domestici".
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