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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2012 alle ore 06:36.

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L'Fmi in seguito ci ha ripensato. A ottobre 2011 era giunto alla conclusione che il disavanzo strutturale della Grecia nel 2007 era stato del 10,4% invece che del 4%, e quello dell'Irlanda dell'8,4% invece che dello 0,1%. Non lo dico per criticare l'Fmi, ma solo perché dimostra che il concetto che i Paesi dell'euro vorrebbero incastonare in un trattato è deficitario proprio laddove il bisogno di accuratezza è maggiore: il vero disavanzo strutturale è inconoscibile.
Pensate alle implicazioni politiche e legali: un Governo eletto accetterebbe le stime approssimative di tecnici che non devono rendere conto a nessuno? E poi, i giudici come farebbero a giungere a una decisione? Valuterebbero i pregi e i difetti di diversi modelli econometrici? Dal momento che probabilmente ci sarebbero forti discostamenti nelle stime dei disavanzi strutturali, come farebbe un Governo ad adeguarsi? Dare forza di legge a un concetto incommensurabile appare una follia.
Si profila all'orizzonte una controversia tra le istituzioni europee e il nuovo Governo spagnolo di Mariano Rajoy. Rajoy ha dichiarato che il suo esecutivo si porrà come obbiettivo un disavanzo del 5,8% del Pil, inferiore all'8,5% del 2011, ma molto al di sopra del 4,4% concordato con la Commissione. La quale sbufferà, ma non può costringere un Governo sovrano a fare quello che vuole lei. I partner della Spagna possono rifiutarsi di aiutare Madrid, ma il rischio è che il mancato aiuto finisca per ritorcersi contro di loro.
Le difficoltà di bilancio della Spagna sono una conseguenza della crisi, non una causa: il Paese iberico ha avuto un colossale aumento del debito privato dopo il 1990, in particolare per quanto riguarda le grandi aziende non finanziarie; l'eccedenza di costruzioni residenziali esclude anche un forte indebitamento da parte delle famiglie. Alla luce di tutto questo, è molto improbabile che una drastica riduzione del debito pubblico sia compensata da un incremento dell'indebitamento e della spesa del settore privato. Il risultato, più verosimilmente, sarà una recessione molto più grave, accompagnata da scarsi progressi nella riduzione del deficit effettivo. Nella peggiore delle ipotesi potrebbe innescarsi una micidiale spirale discendente. Invece di costringere la Spagna a risanare in tempi rapidi i conti pubblici sarebbe molto più logico dare al Paese il tempo necessario perché le ambiziose riforme del mercato del lavoro producano i loro effetti, e per questo ci vorranno anni.
Ma se l'Eurozona sarà disposta a garantire il tempo necessario perché avvengano questi aggiustamenti, i Paesi in surplus devono essere consapevoli del loro ruolo. Senza dubbio l'emersione in parallelo di eccedenze e disavanzi delle partite correnti, i flussi finanziari transnazionali e la follia dei prestatori transnazionali sono stati fra i principali fattori all'origine della crisi odierna.
In un documento pubblicato il mese scorso la Commissione ha indicato di voler mettere sotto esame una serie di Paesi in disavanzo nel saldo con l'estero, facendo perfino i nomi dei peccatori. È necessaria un'analisi in parallelo dei Paesi in surplus. Anche il documento della Commissione solleva il problema, ma non si avventura a indicare Paesi specifici da sottoporre a più attenta analisi.
Quindi sì, la Bce è riuscita a far guadagnare alla zona euro un po' di tempo, ma nulla o quasi sembra indicare che sia stata trovata una strada per giungere al necessario riequilibrio della sua economia, e soprattutto per realizzare l'auspicata combinazione di riforme, aggiustamento e pronto ritorno alla crescita. La strada prescelta sembra annunciare, al contrario, anni di aggiustamenti unilaterali e lacrime e sangue. Funzionerà? Ne dubito fortemente. Nella migliore delle ipotesi, possiamo aspettarci un percorso molto accidentato.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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