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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2012 alle ore 06:39.

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Silvio e Paolo Berlusconi saranno giudicati in uno stesso processo per la vicenda relativa al passaggio di mano dell'intercettazione tra Giovanni Consorte e Piero Fassino, disposta nel corso delle indagini sulla mancata scalata alla Bnl da parte di Unipol e pubblicata dal "Giornale". È quanto ha deciso ieri il presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro, che ha anche "bocciato" la richiesta di astensione dal giudizio da parte del giudice Oscar Magi. Quest'ultimo ne aveva fatto domanda poiché, in precedenza, si era già dovuto occupare della posizione del cronista del "Giornale" autore dell'articolo con l'ormai famosa telefonata nella quale Fassino chiedeva a Consorte: «Abbiamo una banca?». Per ragioni di opportunità, quindi. Il presidente del tribunale, Livia Pomodoro, ha invece deciso diversamente.
Il processo a Paolo Berlusconi riprenderà il 22 marzo, ma sarà rinviato a causa dell'adesione degli avvocati Piero Longo e Federico Cecconi allo sciopero dei legali contro la norma sulle liberalizzazioni che prevede l'ingresso negli studi professionali di soci di capitale.
Silvio Berlusconi è stato rinviato a giudizio lo scorso 7 febbraio con l'accusa di concorso in rivelazione del segreto d'ufficio. Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, l'ex premier avrebbe ascoltato per poi ringraziare, «assicurando gratitudine eterna», chi alla vigilia di Natale di sette anni fa gli aveva portato ad Arcore quel «regalo» in vista dell'«approssimarsi delle elezioni politiche» della primavera successiva, vinte però dal centrosinistra.
Il processo dovrà chiarire se Berlusconi, che ha negato di aver mai sentito l'intercettazione, diede il via libera alla pubblicazione di quella conversazione che, copiata su una pen drive, gli venne fatta ascoltare dagli imprenditori Roberto Raffaelli, titolare della Research Control System e Fabrizio Favata (già condannati con rito alternativo), accompagnati a villa San Martino da Paolo Berlusconi. Quest'ultimo è stato mandato a processo lo scorso 3 giugno per rispondere di ricettazione, rivelazione del segreto d'ufficio e millantato credito.
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