Il Sole 24 Ore
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«Altra burocrazia invece di perseguire maggiore efficienza»

Alessandro Galimberti



MILANO
Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, il suo giudizio sul ddl di riforma dei contratti di lavoro?
Negativo.
Senz'appello?
Apprezzo lo sforzo, non facile, di una triplice riforma in una (contratti, articolo 18, ammortizzatori) ma il risultato non è quello atteso.
Perché?
Se l'intento – condiviso – era razionalizzare e semplificare, l'esito è una nuova e più potente burocratizzazione degli adempimenti, una rincorsa al formalismo e perciò alle sanzioni, che poi sono tutt'altro che formali. Pensi che se nel lavoro intermittente o a chiamata il datore non comunica in anticipo alla direzione territoriale l'avvio del rapporto, rischia fino a 6mila euro. E chi ha a che fare con la Pa sa cosa vuol dire, in termini di fattibilità, "comunicare" qualcosa alla Pa. Non ci siamo.
Il tempo indeterminato come «forma comune» del rapporto di lavoro?
Una bella enunciazione di principio dentro un contesto globale che reclama flessibilità. A mia figlia dico di costruirsi professionalità in più campi, con veri contratti a termine, evitando di sognare di invecchiare nell'azienda che la assumerà.
Lei dice «veri» contratti a termine.
Sì, «veri». Sono quelli che rispondono alla legge in vigore, cioè sorretti da motivazioni tecnico/produttive.
Invece i nuovi contratti a tempo determinato?
L'aver eliminato il "causalone" nei primi 6 mesi – ma con divieto poi di rinnovo – avrà una conseguenza evidente: nessuna azienda rischierà di proseguire un rapporto che diventerebbe eterno.
L'articolo 18?
Si è insistito su una cosa che non ha più ragion d'essere. Nessuna azienda ragiona più oltre il brevissimo periodo, invece qui si parla ancora di matrimonio.
L'intervento sulle partite Iva "presunte fasulle"?
Il punto più critico e meno riuscito dell'intervento. Con questo approccio rischiano di diventare "dipendenti" anche gli agenti di commercio. E anch'io, se facessi un'importante consulenza ad ampio spettro, che travalica il mio ambito "ordinistico", per conto di uno studio, potrei rischiare paradossalmente di trovarmi "dipendente" del committente.
Se questa riforma fosse accompagnata da un reale alleggerimento fiscale sul costo del lavoro?
Quello è indispensabile a prescindere.
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