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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2012 alle ore 06:40.

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Francois Hollande (Reuters)Francois Hollande (Reuters)

Più strano è che a sostenere Hollande sia sceso in campo il presidente della Consob francese Jean-Pierre Jouyet, dalle notorie simpatie socialiste, visto che non si può impedire a una società privata di creare un simile prodotto. Il quale peraltro esiste sul debito tedesco e su quello italiano.

Che lo stesso Hollande tema una reazione negativa dei mercati in caso di elezione lo dimostra il singolare avvertimento dei giorni scorsi: «Il 12 maggio potrebbe esserci una decisione sul rating francese. Sia chiaro che sarebbe una sanzione nei confronti del presidente e del Governo uscenti e non un giudizio sulla vittoria socialista». Una maniera un po' rozza di mettere le mani avanti. E che ha appunto costretto Moody's, la quale ha messo la Francia sotto osservazione con outlook negativo lo scorso 13 febbraio, a escludere una decisione a breve.

La maggior parte degli analisti ritiene in effetti probabile, o quantomeno possibile, che i mercati evidenzino i loro timori nei confronti di una vittoria socialista. Tanto più se condizionata da Mélenchon e seguita da un Governo guidato da Martine Aubry, la madre delle 35 ore.

Anche se molto dipenderà dalle prime mosse di Hollande. Se cioè deciderà di varare subito il pacchetto di misure più "di sinistra" (il ritorno, sia pur parziale, della pensione a 60 anni, l'aumento del salario minimo, l'assunzione di nuovi insegnanti, la separazione delle attività bancarie, la manovra fiscale con l'aliquota al 75% sulla quota di redditi superiore al milione) o se si muoverà invece con maggiore cautela, magari affidando la messa a punto di alcuni di questi provvedimenti a qualche commissione mista, in nome della concertazione, rinviandone di fatto la realizzazione a una fase successiva.

Sulla carta Sarkozy offre maggiori garanzie, nonostante le idee su una Bce in versione Fed, grazie a un programma tutto incentrato sulla disciplina di bilancio. Per quanto si stia facendo strada la scuola di pensiero che immaginare un po' meno di austerità e un po' più di sostegno alla crescita forse non è proprio una bestemmia.

La diffidenza dovrebbe comunque durare poco. Se infatti il programma di Hollande prevede un livello di spesa pubblica e di prelievo sul Pil leggermente più alto rispetto a Sarkozy, entrambi hanno come obiettivo un deficit al 3% nel 2013 (target difficile da centrare per entrambi, partendo da un 4,4, se va bene, quest'anno) e un pareggio di bilancio a un orizzonte simile (2016 Sarkozy, 2017 Hollande).

Gli obiettivi
Sia François Hollande che Nicolas Sarkozy hanno come obiettivo un deficit al 3% nel 2013. Quanto al pareggio di bilancio, Hollande lo colloca nel 2017, Sarkozy nel 2016

Il modello Hollande
Hollande punta su riduzioni minime della spesa (6,8 miliardi di euro), compensate da maggiori entrate (37,7 miliardi). Tra i provvedimenti annunciati una super aliquota del 75% sui redditi oltre il milione di euro e l'aumento dell'aliquota massima dal 41 al 45%. Per contro, sul fronte della spesa Hollande vuole assumere 60mila nuovi dipendenti pubblici (soprattutto insegnanti) e tornare, in parte, alla pensione a 60 anni

Il modello Sarkozy
Per l'attuale presidente il pareggio si può raggiungere tagliando la spesa pubblica di 40 miliardi di euro da qui al 2016. Solo 13,5 i miliardi da nuove entrate. Il contenimento della spesa avverrà con l'osservanza della regola per cui viene sostituita solo la metà dei dipendenti pubblici che va in pensione; con l'aumento dell'età pensionabile da 60 a 62 anni; con il congelamento dei finanziamenti al sistema sanitario e dei contributi alla Ue. Quanto al fisco, Sarkozy vuole introdurre la minimum tax sulle grandi società e alzare l'Iva

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