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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2012 alle ore 06:42.

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LA CORSA ALLA SEGRETERIA

Le dimissioni
Il 5 aprile Umberto Bossi ha rassegnato le dimissioni «irrevocabili» da segretario della Lega, dopo le inchieste sull'uso illecito dei finanziamenti elettorali che hanno travolto il partito. La guida del Carroccio è stata affidata ad un 'triumvirato' composto da Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela dal Lago. Il Consiglio federale ha concesso comunque l'onore delle armi al senatur, nominato presidente al posto di Angelo Alessandri
Il dietrofront
Il senatur, al termine del «Lega Unita Day» organizzato il 1° maggio a Zanica (Bergamo), ha annunciato di essere pronto a ricandidarsi alla segreteria del Carroccio, a due mesi dal congresso federale di fine giugno
La sorpresa di Maroni
Roberto Maroni, candidato in pectore alla successione a Bossi, ha incassato in silenzio: poi all'una di notte ha commentato su Facebook: «Peccato che la dichiarazione (a sorpresa) di Bossi abbia consentito ai giornalisti di mettere in secondo piano la protesta fiscale». Ma, ha proseguito «la battaglia continua, in tutti i sensi ...»
L'affondo di Tosi
Nessuno tra i maroniani si è schierato apertamente contro il senatur. Tranne il sindaco di Verona Flavio Tosi che ha commenta così la ricandidatura di Umberto Bossi a segretario federale: «Non me l'aspettavo. E francamente la ritengo inopportuna. E, poiché il passo indietro dell'ex segretario è stato apprezzato, una sua nuova corsa non sarebbe compresa»

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