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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2012 alle ore 07:54.
L'ultima modifica è del 04 maggio 2012 alle ore 06:36.

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Nel caso di Snam Rete Gas, dalla "strana" maggioranza di Monti passiamo allo stesso Governo. La questione è nota. Per ridurre alla fine gli strabordanti costi dell'energia e accrescere la concorrenza Monti ha deciso che Eni ceda la sua partecipazione del 52,2% in Snam entro settembre 2013 seguendo le regole che dovranno essere fissate da un decreto (Dpcm) che il premier dovrà emanare entro la fine di questo mese. Le modalità possono essere diverse (compresa quella sulla scia della separazione avvenuta nel 2005 tra Enel e Terna), e questo giornale ne ha riferito a più riprese. In linea generale va ribadito che un'operazione del genere – dove l'interesse nazionale impone la salvaguardia del controllo pubblico della rete gas - deve avvenire nel rispetto del mercato e salvaguardare gli interessi degli azionisti grandi e piccoli. Evitando, alla fine, anche conflitti d'interesse.

Il problema è l'assetto finale. In sintesi le soluzioni sono due. La prima: Rete Gas è affidata alla Cassa depositi e prestiti (azionista di controllo di Eni) controllata per il 70% dal Tesoro e per il 30% dalle Fondazioni bancarie. La seconda: Rete Gas viene fusa con Terna (società pubblica di distribuzione elettrica a sua volta controllata per il 30% da Cdp) nel quadro di un progetto industriale – senza esborso di denaro pubblico - di una "super rete" dell'energia capace di competere in Europa.
Se ne potrebbe, almeno, discutere? A fronte di diversi report delle banche d'affari si staglia il "no" secco del ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. Il quale punta su una sola carta, quella della Cdp, classe 1850, trasformata in Spa solo nel 2003 con una mission assai diversificata nel campo dell'interesse pubblico. Lavoro che in molti casi ha svolto, e continua a svolgere, bene, compreso quello a sostegno delle imprese.

Ma la questione non è la Cdp in quanto tale oggi. È il riflesso condizionato, a metà strada tra nostalgia del grande Iri e coriaceo dirigismo politico, per il quale la Cdp è buona "a prescindere" per tutte le soluzioni. Dalla garanzia del risparmio postale al finanziamento degli investimenti pubblici, dal sostegno alle piccole e medie imprese all'eventuale partita, industriale e geostrategica, da giocare sullo scacchiere mondiale del gas. Inoltre, come non considerare il fatto che con il cappello Cdp su Snam si ricreerebbero le stesse conseguenze che portarono nel 2005 l'Antitrust guidato allora da Antonio Catricalà (oggi sottosegretario a Palazzo Chigi) a denunciare un conflitto d'interessi nel momento in cui Enel girò il controllo della sua rete elettrica (Terna) alla Cdp (alla quale fu imposto di liberarsi della sua quota nell'Enel, operazione peraltro andata a termine di recente)? Cdp potrebbe domani controllare sia l'Eni sia la rete gas?

Se ne dovrebbe almeno discutere, anche perché sia i no "a prescindere" sia i "fermi tutti" sulle municipalizzate costringeranno il presidente Monti, prima di assumere una decisione, a un supplemento di lavoro istruttorio dentro il Governo e la maggioranza che lo sostiene. A confronto, lo slalom tra i paletti del fiscal compact sembrerebbe più agevole.

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