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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2012 alle ore 13:12.

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L'Ocse lancia un nuovo allarme sulla disoccupazione giovanile. Nei Paesi industrializzati sono quasi 11 milioni i giovani tra 15 e 24 anni senza lavoro e il tasso di disoccupazione medio è al 17,1%, non lontano dal massimo del 18,3% segnato nel novembre 2009, contro il 12,4% del maggio 2007, sottolinea l'Organizzazione in uno studio realizzato in vista del G20 dei ministri del Lavoro che si terrà in Messico dal 17 al 18 maggio.

Con il tasso record del 35,9% segnato a marzo, l'Italia è al quarto posto tra i 33 Paesi aderenti all'Ocse nella poco invidiabile classifica della disoccupazione giovanile ed è nella stessa, difficile posizione per i 'Neet', i giovani totalmente inattivi cioé 'né a scuola, né al lavoro'. Nella Penisola la disoccupazione nella fascia d'età tra 15-16 e 24 anni è aumentata durante la crisi di 16,5 punti percentuali rispetto al 19,4% del maggio 2007. Ampiamente ultima tra i Paesi G7, dove la media è del 15,9% contro l'11,4% ante-crisi, l'Italia é nettamente peggiore della media europea, che è del 22,6% e della zona euro (22,1%).

La situazione peggiore è in Grecia, con un tasso di disoccupazione giovanile del 51,2% (+29,8 punti percentuali rispetto al 2007). Seguono la Spagna al 51,1% (+33,7 punti rispetto al 17,4% del marzo 2007) e il Portogallo (36,1% dal 18,8% ante crisi). Ma c'é un altro dato che sottolinea l'emergenza giovanile, ovvero il numero dei 'Neet', 'né al lavoro, né a scuola'. Nell'intera area Ocse sono 23 milioni e si tratta di giovani che hanno lasciato gli studi o la formazione e non hanno un'occupazione e che per almeno la metà secondo i calcoli dell'Ocse, hanno anche smesso di cercare un'occupazione e quindi rischiano maggiormente una prolungata inattività, particolarmente in tempi di crisi, sottolinea l'Ocse. Per l'Italia il dato si avvicina al 18% della popolazione tra i 15-16 e i 24 anni. Solo Turchia e Israele (entrambi al 30%) e Messico (22% circa) hanno situazioni più pesanti.

All'estremo opposto Olanda (meno del 5%), Danimarca e Islanda (poco sopra il 5%). Nel breve termine - é la raccomandazione dell'Ocse - i governi dovrebbero dare la priorità a misure a favore dei giovani più a rischio, cioé quelli che lasciano la scuola con scarse o senza qualifiche e i figli degli immigrati. L'Organizzazione suggerisce di rafforzare i programmi di apprendistato e di formazione professionale a favore dei giovani e di incoraggiare le imprese ad assumere i giovani riducendo i contributi previdenziali o introducendo agevolazioni salariali. Un altro passo, indica inoltre l'Organizzazione, deve essere quello di ridurre il gap tra le norme di protezione del lavoro permanente e i contratti temporanei, oltre ad assicurarsi che i salari minimi non siano a livelli tali da scoraggiare i datori di lavori ad assumere giovani poco qualificati.

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