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Questo articolo è stato pubblicato il 05 giugno 2012 alle ore 07:05.
L'ultima modifica è del 05 giugno 2012 alle ore 07:09.

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Né possiamo presentare l'ordinamento del nostro Paese come un modello, ma solo come un esempio. Tutti insieme abbiamo la responsabilità per quello che la Germania fa e non fa e per gli effetti futuri della sua condotta sull'Europa. Abbiamo bisogno di una razionalità europea ma anche di un animo aperto nei confronti dei nostri partner. Su un punto importante concordo con Jürgen Habermas che di recente ha affermato: «Per la prima volta nella storia della Ue stiamo assistendo a uno smantellamento della democrazia». Ed è proprio cosi: il principio democratico non è stato accantonato solo dal Consiglio europeo e dai suoi presidenti, ma dalla Commissione e dai suoi presidenti mentre l'Europarlamento non ha saputo esercitare un ruolo decisivo.

Ci troviamo di fronte a uno scenario in cui alcune migliaia di speculatori finanziari americani ed europei e qualche agenzia di rating hanno preso in ostaggio i governi in Europa. Non possiamo aspettarci che Obama contrasti queste dinamiche. Lo stesso vale per il governo britannico. Nel 2008 e 2009 i governi di tutto il mondo hanno salvato le banche con le garanzie e il denaro dei contribuenti. Ma già dal 2010 questa schiera di manager finanziari super intelligenti ha ripreso a giocare al vecchio gioco dei profitti e dei bonus. Un gioco d'azzardo che va a scapito di tutti quelli che non partecipano.
Se nessun altro è disposto ad agire devono scendere in campo i membri dell'Eurozona. La strada da seguire è l'articolo 20 del Trattalo di Lisbona. Il quale prevede che uno o più membri della Ue «potenzino la loro collaborazione». In ogni caso gli Stati che adottano l'euro dovrebbero mettere in atto una serie di regole per i propri mercati finanziari che abbiano ripercussioni su tutta l'Eurozona.

Dalla distinzione tra le normali banche commerciali da una parte e le banche d'investimento e "banche ombra" dall'altra, al divieto di vendite allo scoperto di titoli e di commercio dei prodotti derivati se non ammessi dagli organi di vigilanza sulle borse, fino a un'efficace limitazione di giri d'affari delle agenzie di rating che si rìpercuotono sull'Eurozona, attività finora non soggette a vigilanza. È certo che la lobby bancaria globalizzata ostacolerà con ogni mezzo questo tipo di provvedimenti, come ha fatto finora contro analoghe misure drastiche, permettendo che la schiera di speculatori costringesse i governi europei a stanziare nuovi "fondi salva-Stati" e a escogitare ogni mezzo per ampliarli. E' giunto il momento di opporsi a questo sistema.

Se gli europei avranno la forza e il coraggio di portare a compimento una drastica regolamentazione del mercato finanziario, potremmo pensare di diventare a medio termine una zona di stabilità. Se falliremo il peso dell'Europa continuerà a diminuire, mentre il mondo si avvierà verso il duumvirato Washington-Pechino Per l'immediato futuro dell'Eurozona sono senza dubbio da compiere i passi fin qui annunciati, in cui rientrano i "fondi salva-Stati", le soglie massime di indebitamento e il loro controllo, una politica economica e fiscale comune e una serie di riforme nazionali in materia di fisco, spesa pubblica, politica sociale e mercato del lavoro. Per forza di cose diventerà inevitabile anche un indebitamento comune che noi tedeschi non dobbiamo rifiutare per ragioni di egoismo nazionale.

Nei contempo non dobbiamo però propagare una politica di deflazione estrema per tutta l'Europa. Jacques Delors ha ragione quando pretende che insieme al risanamento dei bilanci debbano essere introdotti e finanziati anche progetti di crescita economica. Senza crescita, senza nuovi posti di lavoro, nessuno Stato potrà risanare le proprie casse. Chi crede che l'Europa possa essere risanata solo grazie ai tagli alla spesa dovrebbe studiare le nefaste ripercussioni della politica deflazionistica perseguita da Heinrich Brüning nel 1930-1932 che provocò la depressione e un'insostenibile disoccupazione, avviando di fatto il declino della prima democrazia tedesca.

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