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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2012 alle ore 08:24.

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Il premier Wen Jiabao annuncia un periodo «di difficoltà» per l'economia cinese. L'Fmi raffredda le attese di ripresa per l'economia mondiale: andrà meno bene di quello che si sperava. Perché gli Stati Uniti deludono le aspettative di crescita. E perché nell'eurozona, che quest'anno si conferma in recessione, «la situazione resta precaria» e per questo rappresenta una minaccia alla stabilità mondiale.
Ma, per ovviarvi, che cosa fa il Paese leader dell'euro, quello che, giustamente, non perde mai occasione per richiamare al senso di responsabilità i partner che negli anni scorsi sono usciti dalla retta via ma ora si sono faticosamente impegnati a rientrarvi?

Se la prende molto comoda. Del resto perché no, quando la crisi degli altri rende bene, tra finanziamento dei titoli sovrani a tassi negativi, export carburato dall'euro debole e competitività delle imprese confortata anche dal differenziale più che vantaggioso con cui ottengono prestiti sui mercati spiazzando i concorrenti italiani e spagnoli?
La Corte di Karlsruhe ieri ha deciso che non renderà prima del 12 settembre il verdetto sulla compatibilità o meno del fondo salva-Stati permanente, l'Esm, con la Costituzione tedesca. I giudici avrebbero dovuto pronunciarsi nel giro di due settimane dopo il voto positivo del Bundestag il 29 giugno scorso. Ora si prendono due mesi e mezzo per sviscerare a fondo la materia.

E così l'Esm, che avrebbe dovuto diventare operativo il 9 luglio scorso, resta appeso all'incertezza. Certo, nel frattempo l'euro e i suoi Paesi in difficoltà non restano senza rete: c'è l'attuale fondo, l'Efsf, a fare da pompiere. Con interventi effettuati a condizioni draconiane per chi li chiede e sotto una sorveglianza a dir poco incalzante. Non che domani l'Esm si annunci come il grande benefattore. Tutt'altro. Ma almeno il suo modo di agire, avendo fatto tesoro degli errori passati, dovrebbe essere in grado di meglio rispondere alle emergenze. Tra l'altro evitando di far lievitare il debito dei Paesi sotto l'attacco dei mercati.

E rompendo il circolo vizioso tra crisi dei debiti sovrani e delle banche avviandone la ricapitalizzazione diretta e accompagnandola con la supervisione unica sotto l'egida della Bce.
Il rinvio dell'Esm, nel pieno di una tempesta speculativa che non allenta la pressione su Spagna e Italia, non è dunque un dettaglio marginale. Se è vero che per risolvere la crisi dell'euro tutti devono fare i compiti a casa, la calma olimpica con cui la Germania e i suoi giudici intendono riflettere sul da farsi prima di prendere una decisione non appare poi tanto dissimile da quella dei greci, vituperati proprio per i loro temporeggiamenti.
Non a caso proprio ieri, nel giorno in cui i rendimenti dei titoli sovrani spagnoli e italiani sono tornati a crescere mentre quelli tedeschi, olandesi e francesi finivano di nuovo sottozero, era l'Fmi a richiamare all'ordine l'eurozona invitando tutti i suoi membri a fare la propria parte.

«I governi italiano e spagnolo hanno fatto passi importanti ma possono avere successo solo se riescono a finanziarsi a tassi ragionevoli. Fino a quando i governi sono impegnati nelle riforme, gli altri Paesi euro dovrebbero essere propensi ad aiutarli per rendere gli aggiustamenti realizzabili».
Affermazioni lapalissiane, logica ineccepibile. Purtroppo però, come è arcinoto, non per tutti. E così anche le decisioni sui dettagli concreti per poter utilizzare, se necessario, lo scudo anti-spread, sono stati rimandati a settembre per le divergenze tra i negoziatori. A tutto rischio e pericolo per l'Italia che si avvia verso un'estate bollente. Alcuni spread non sono giustificati dai fondamentali, insiste l'Fmi, denunciando circa 200 punti in più del dovuto a carico di Italia e Spagna.

Ma Angela Merkel che non pare avere la vocazione al sacrificio personale e che, se nel settembre 2013 dovesse scegliere tra la riconferma a cancelliere e il destino dell'Europa non avrebbe esitazioni, continua a non intendere ragioni. Promuove «un'Unione della stabilità dove non ci sia solidarietà senza contropartite». Il dogma tedesco di sempre, che perpetua il clima di sfiducia dentro e fuori dall'Europa e quindi perpetua la crisi dell'euro. Poco importa finché il club, sia pur tra crescenti disagi e tensioni, resta insieme. Ma fino a quando si potrà tirare la corda senza spezzarla? Il gioco si fa sempre più pericoloso. Meglio, irresponsabile. Non c'è etica in questa politica europea. Solo miope egoismo. Che alla fine potrebbe incoraggiare in giro per l'Europa persino la voglia di secessione da una moneta unica avulsa dalla realtà della gente e dell'economia reale.

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