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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2012 alle ore 06:38.

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Mentre Atene dovrà aspettare fino a settembre per la tranche di aiuti da 31,5 miliardi di euro, a Bruxelles Draghi e Barroso si sono incontrati sull'emergenza mercati, per ribadire la volontà di andare avanti con l'unione bancaria e, soprattutto, il meccanismo unico di supervisione delle banche sotto la regìa della Bce, strumento indispensabile per procedere alla ricapitalizzazione diretta degli istituti di credito di cui la Spagna ha urgentemente bisogno (per ora deve usare ancora l'Efsf) per spezzare il circolo vizioso debito sovrano-banche. Questo mentre dalla Casa Bianca arriva l'ennesimo appello all'Europa perché metta in atto gli impegni presi nel vertice di fine giugno.
Ma la giornata di ieri conferma una volta di più che l'Europa dei grandi impegni e delle grandi promesse del vertice di fine giugno è nuovamente in affanno. Moody's ha comunicato in serata di aver rivisto da stabile a negativo l'outlook di Germania, Olanda e Lussemburgo mentre quello della Finlandia, altro Paese a tripla A è stato confermato stabile.
L'incontro tra Barroso e Draghi è avvenuto mentre i mercati europei e soprattutto dei paesi della periferia dell'area euro sono nuovamente sotto tensione. La commissione di Bruxelles si era impegnata a presentare le prime proposte di vigilanza unica in materia bancaria a metà settembre. Un percorso che si presenta ad ostacoli perché molte sono le resistenze nazionali al progetto di unificazione: le opposizioni sono forti non solo nei periferici ma anche in Germania tra le casse di risparmio regionali, feudo storico di politici locali.
L'attribuzione alla Bce di poteri di vigilanza sulla banche è stato un tema controverso fino al vertice Ue del 28 giugno scorso, perché alcuni ritenevano questi poteri in potenziale contrasto con il mandato anti-inflazione dell'istituto di Francoforte. Alla fine però c'è stato un ampio consenso sul punto che la vigilanza dovesse essere maggiormente accentrata a livello europeo presso la Bce, elemento sostenuto dalla stesso istituto di Francoforte, il quale riteneva però che si dovesse accompagnare alla garanzia comune per i depositi (per evitare la corsa agli sportelli) e a un'autorità europea per liquidare le banche insolventi (con costi a carico anche dei detentori di azioni e obbligazioni e non solo dei contribuenti). E così è stato, come dal comunicato finale del vertice.
L'incontro di ieri tra Barroso e Draghi dà una nuova spinta alla vigilanza bancaria unica. Solo dopo il via a questo passo avanti verso l'integrazione, l'Esm potrà, una volta superato lo scoglio del 12 settembre, giorno della decisione della Corte Costituzionale tedesca sulla legitimità del fondo salva-stati, concedere fondi direttamente alle banche in difficoltà senza passare dallo stato e quindi senza aumentare il debito pubblico.
A quel punto l'agenda europea potrà occuparsi di nuove cessioni di sovranità verso il centro in materia fiscale (per evitare che qualche stato non rispetti gli impegni sul deficit o peggio trucchi i conti) e in materia politica per una maggiore integrazione ed equilibrio democratico dei poteri di check and balance. Alla fine di questo percorso tracciato dai quattro presidenti (Bce, Commissione, Consiglio, Eurogruppo) l'euro avrà messo in campo quegli strumenti che consentono di rispondere agli shock asimmetrici e colmare le lacune che lo hanno fin qui contraddistinto.
Intanto la Commissione ha dovuto intervenire ancora sulla Grecia che «deve rimanere nell'euro: lo ha ribadito il portavoce Ue Antoine Colombani, non commentando le dichiarazioni di domenica del ministro dell'Economia tedesco e sottolineando che alla Commissione non risulta che l'Fmi abbia cambiato la sua posizione sugli aiuti internazionali alla Grecia.
«La missione della Troika (Ue, Bce e Fmi) deve fare il suo lavoro per consentire l'esborso del secondo pacchetto di aiuti - ha aggiunto - ma troveremo le soluzioni che permettano alla Grecia di non avere problemi di liquidità in agosto».
La Commissione europea ha indicato di essere «fiduciosa sull'esborso della prossima tranche del prestito alla Grecia che, però, é improbabile avvenga prima di settembre». La Commissione così ha voluto spazzare via l'indiscrezione riportata dal settimanale tedesco Spiegel domenica secondo cui il Fmi voleva bloccare gli aiuti economici ad Atene che avrebbe bisogno di nuove risorse, comprese tra 10 e 50 miliardi di euro, perché non riuscirà a ridurre entro il 2020 il debito al 120% del Pil. La Borsa di Atene ha perso il 7,1%. La troika oggi è attesa nella capitale greca per valutare se concedere alla Grecia la prevista tranche di aiuti da 31,50 miliardi euro entro la fine di settembre.

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