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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2012 alle ore 08:22.

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Più recentemente, studiando il comportamento di migliaia di operatori di trading online, il contesto più individualizzato e guidato in teoria solo da motivazioni economiche, abbiamo scoperto che a supporto delle decisioni di acquisto e vendita degli operatori sui mercati finanziari di tutto il mondo esiste una fittissima rete di contatti via mail e di affiliazioni che agisce profondamente sul funzionamento della piattaforma online e ne modifica i flussi.

Di conseguenza, ciò che agli occhi della pubblica opinione appare il frutto di complesse leggi e valutazioni razionali è spesso il risultato di scambi d'informazione illegali, contatti e sostegno reciproco tra gli operatori al fine di aggirare i meccanismi di cui loro stessi sono considerati i numi tutelari. Di là dalle responsabilità individuali che emergono dall'affaire Libor, si conferma l'idea per cui i mercati non sono soltanto luoghi astratti governati da meccanismi iper-razionali, ma rappresentano strutture sociali in cui i rischi possono essere governati e alterati da complesse e articolate reti di relazioni tra gli attori. Poco importa, come molti studi dimostrano, che l'origine di questi network sia in parte riconducibile all'incapacità degli stessi attori di governare situazioni ad alta incertezza. Quello che conta sono gli effetti che questo sistema produce e che sono esemplificati nelle parole utilizzate da un operatore Barclays in una mail del 28 novembre 2011: «Libors are not reflecting the true cost of money» (i tassi Libor non riflettono il reale costo del denaro).

Se un indicatore cruciale del funzionamento dei mercati non riflette la sua stessa funzione, cosa rappresenta allora? E, di conseguenza, con quale credibilità si può usare la severità delle incorruttibili leggi del mercato per spiegare a milioni di persone il senso dei sacrifici che stanno compiendo? Questi sistemi di relazione che alterano i mercati hanno una propria vita e processi evolutivi che nel tempo, se non opportunamente aggrediti, finiscono per rendere ancora più profonde le distorsioni e le manipolazioni. In particolare, le relazioni tra gli operatori fondate sul principio della reciprocità (ti do un aiuto oggi perché me ne aspetto uno da te domani) tendono a cristallizzarsi nel tempo in una vera e propria catena che è molto difficile spezzare, specie quando i comportamenti sottostanti sono illeciti o contrari alle regole.

Decine di evidenze nel caso Libor mettono in evidenza l'esistenza di una sorta di "trappola della reciprocità" in cui gli operatori si sono infilati e alla fine, come emerge emblematicamente da una telefonata tra tesoriere senior di Barclays e un funzionario della Bba (British Banker Association): «No one's clean-clean» (nessuno è pulito-pulito). In sostanza si crea ciò che gli studiosi chiamano un lock-in relazionale, una sorta di melassa di obbligazioni e favori reciproci in cui le decisioni sono immerse e dalla quale è molto difficile uscire.
La situazione va affrontata, evitando di scaricare le responsabilità sulle sole mele marce e con un severo ripensamento delle regole, sia a livello dei regolatori, sia delle singole organizzazioni coinvolte. Urge un intervento rapido per spezzare questi network: obbligare le banche a rotazioni tra le persone, esporle al controllo di regolatori indipendenti, imporre rotazioni nelle cariche e mobilità degli operatori.

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