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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2012 alle ore 14:06.

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E la strada per una grande costituente europea, da alcun di noi italiani e tedeschi già invocata, non sembra essere ancora in grado di sfondare l'impenetrabile e occulta rete europea dei conflitti di interesse a tutti i livelli.
E neppure diversa appare la situazione italiana, anch'essa vittima di conflitti di interesse, fonti di diseguaglianze ormai insostenibili, e di politiche eteronome imposte dall'esterno, ma con conflitti che si ripercuotono sui principali organismi della democrazia dello Stato: così nei rapporti tra Governo e Parlamento, dove l'educazione del Parlamento sembra doversi sviluppare, sotto il ricatto del baratro, attraverso irrituali colpi di fiducia, al di fuori di ogni corretta discussione e trasparenza; oppure nei conflitti fra la magistratura e la politica, e perché no, anche tra la magistratura, la pubblica amministrazione e le imprese, dove sovente gli interessi in conflitto assumono le più svariate pieghe, che portano dalla corruzione alla lotta per il potere, con un arrogante collante che il più delle volte è costituito dal denaro.

Inquietante e colpita dal virus sembra la decisione del governo di aver scelto proprio la famigerata Goldman Sachs quale advisor sia per la cessione di Fintecna, sia a fianco della Cassa Depositi e Prestiti nello scorporo Snam, e in molte altre occasioni. Contemporaneamente però, Goldman Sachs, da un lato accetta la preziosa consulenza, e dall'altro lato, dimostrando quanto i Btp italiani siano per lei troppo rischiosi, li scarica, diminuendo l'esposizione complessiva dell'ultimo trimestre del 92%.
E in questo sonno della ragione si va verso la disindustrializzazione del Paese, l'aumento della disoccupazione, nonché i peggiori disagi sociali.

Quel che più impressiona è che a parte le intellettualmente modeste rivendicazioni della necessità del conflitto di interesse come motore per lo sviluppo, vi è anche insieme all'elementare e sbagliata teoria che il mercato può risolvere da solo tutti i problemi, un richiamo all'utilitarismo filosofico di Jeremy Bentham. Sul principio che la massimizzazione dell'utilità non vale soltanto per l'individuo, ma anche per i legislatori, ogni politica o legge dovrebbe pertanto soddisfare la felicità della comunità intesa come un tutto, senza per nulla giustificare il rispetto dei diritti altrui, riducendo così in realtà l'idea del bene e della felicità sociale a una singola categoria, in definitiva quella del denaro.
Questa teoria, a parte le sbavature economiche neoliberiste, nostrane e non, ha trovato più recentemente una elaborazione strutturale nel pensiero di Robert Nozick (Anarchy, State and Utopia, 1974), che ha offerto una difesa filosofica dei principi libertari dopo Hayeck e Friedman, e una critica al concetto di giustizia distributiva. Egli conclude che solo uno Stato "minimo" può esistere, e in quanto tale limitato a rendere esecutivi i contratti, proteggere il popolo contro la forza, il furto e la frode.

Qualunque intervento maggiore viola i diritti della persona, che non può essere costretta a comportamenti del tutto ingiustificati che ledano il suo interesse. La prima conseguenza è che nessuno debba essere forzato ad aiutare altre persone. Tassare i ricchi per aiutare i poveri significa violare il loro diritto a far ciò che vogliono con la loro proprietà, e soprattutto, non v'è nulla di sbagliato nelle inuguaglianze economiche come tali, tanto da arrivare alla dichiarazione che "la tassazione dei guadagni da lavoro è pari al lavoro forzato" (p. 169).
Queste tesi, che giungono a smentire la centralità del conflitto di interessi, tendono a distruggere i diritti e i valori fondamentali della civiltà occidentale e, sebbene a volte neppure esplicitate, costituiscono le basi inconsce delle moderne visioni economico-politiche del pensiero unico dominante.

Alle ormai quotidiane ricette che vengono proposte, a dritta e a manca, per uscire dalla crisi, non varrebbe forse allora la pena di stimolare un più semplice opportuno risveglio sul maggiore dei nostri mali: il conflitto di interessi epidemico? Né sarebbe necessario il continuo affannoso caleidoscopio di soluzioni più o meno fantasiose, ma un semplice e questa volta sì rigoroso ritorno alla regola della trasparenza e alla sostituzione del principio di utilità con quello del diritto, così a lungo dimenticato e sottratto alla nostra cultura democratica.

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