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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2012 alle ore 08:09.

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L'iniziativa delle procure americane contro sette fra le principali banche mondiali segna una svolta importante nell'indagine sulla manipolazione del Libor e dell'Euribor. Perché la prima a muoversi è stata la procura dello Stato di New York, cioè della piazza finanziaria per eccellenza. Perché si fa riferimento a una legge del 1921 che non richiede che l'accusa dimostri l'intento fraudolento dell'imputato.

Perché in un sapiente dosaggio geopolitico, nel mirino dei magistrati sono finite banche americane, tedesche, svizzere e britanniche. Queste ultime, confermando le buone prestazioni olimpiche del Paese, ottengono il maggior numero di citazioni. Sarà difficile quindi che, come è successo nel caso Standard Chartered, le autorità dei Paesi di origine possano accusare gli americani di usare il codice come arma impropria per colpire banche di altri Paesi.
L'inchiesta è solo alle fasi preliminari e sarà sicuramente lunga e complessa. Ma due aspetti meritano di essere messi in evidenza fin da subito. In primo luogo, come già si è sostenuto su queste colonne, è ormai più che evidente che il meccanismo con cui viene determinato un tasso da cui dipendono i costi finanziari pagati da milioni di famiglie e di imprese nel mondo non dà garanzie adeguate e deve quindi essere modificato subito.

Qui non si possono invocare garanzie costituzionali: le indagini già pubblicate dalle autorità di vigilanza (la britannica Fsa e l'americana Cftc) dimostrano chiaramente che un processo affidato solo alle determinazioni spontanee e insindacabili di alcune banche e che mira a esprimere un tasso puramente ipotetico, dunque non verificabile dall'esterno, non è più accettabile. Lo era quando il Libor riguardava una finanza meno elefantiaca e aggressiva e soprattutto quando contribuiva a determinare i tassi pagati da banche ad altre banche. Non lo è più da quando esso (insieme all'Euribor) incide su migliaia di milioni di dollari di prestiti pagati da imprese e famiglie in tutto il mondo. Non a caso, un autorevole esponente della Fsa ha in questi giorni dichiarato che il Libor non «è più adatto allo scopo».

Trovare un'alternativa non è certo facile dal punto di vista tecnico e pratico, ma il problema delicato è quali procedure guideranno il processo di riforma e soprattutto chi avrà in mano il pallino. Il governo Cameron ha già avviato un'indagine sul futuro del Libor, affidandola al presidente della neonata Financial conduct authority (l'erede della Fsa). L'indagine sarà sicuramente molto accurata e confermerà la singolare capacità della finanza britannica di conciliare gli scandali più gravi con le analisi più complete e incisive (e dunque l'incapacità delle seconde di evitare i primi).

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