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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2012 alle ore 17:53.

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Il fondo del barile
Una delle particolarità del Rombo è che la cima, con i suoi tornati secchi e abbarbicati sul costone senza vegetazione, la scorgi in lontananza già da subito. Chi pedala sa che non è certo la visione più incoraggiante, ma in questo caso rincuora un po', perché mentre attorno a te si moltiplicano tuoni minacciosi lassù in vetta si intravede un pallido sole. Dieci chilometri dopo la situazione è completamente ribaltata: procedi nel silenzio più assoluto, mentre oltre le nubi che avvolgono il passo intuisci la bufera di nevischio e grandine che sentirai poi raccontare dai più veloci all'arrivo. In quei momenti la concentrazione è assoluta: non sai come farai ad arrivare in cima, sai soltanto che ce la farai. Dentro di te scatta qualcosa e, anche se procedi come una lumaca, ti senti un toro esenti la meta che si avvicina, pedalata dopo pedalata.

Gli ultimi dieci chilometri di salita sono i più terribili e lo vedi da quanto è stravolto chi ti sta attorno: alcuni salgono a zig zag, altri si bloccano improvvisamente per i crampi e sono costretti a procedere a piedi. Ringrazi i tuoi 60 chili scarsi, il sole che sembra avere di nuovo avuto il sopravvento e avanzi lentamente, ma per la via diretta. Cerchi di dare un segno di incitamento a quelli che passi, ma non ti puoi fermare né rallentare, perché sai che potresti fare la stessa fine da un momento all'altro. Per caricarti continui a ripeterti mentalmente che fino a quel momento "non hai fatto niente" anche se sai benissimo di mentire perché nelle gambe ci sono già 200 km. La galleria che marca il confine con l'Austria arriva come una liberazione, ma le raffiche di vento che ricevi all'uscita sono dei veri schiaffi che minacciano di ricacciarti indietro o di buttarti a terra. Al passo il termometro arriva a malapena a 5 gradi e non finiresti di ringraziare uno degli 820 volontari sparsi lungo il percorso che ti aiuta a infilare il giubbotto antivento e ti porge un tè caldo prima della lunga discesa verso l'arrivo.

La gloria... per tutti!
Ormai però è fatta e ogni metro d'asfalto che scorre sotto le tue ruote è un passo in meno che ti separa dal sogno, che si consuma in un battibaleno nelle strade strette di Sölden: una passerella nell'ultimo chilometro assieme a un tuo compagno di squadra, la vista dei tuoi cari che provoca un urlo di gioia (il tuo) e di sollievo (il loro) e infine il traguardo dietro la curva, raggiunto dopo 10 ore e mezza di fatica vera. C'è il tempo per abbracciarsi, di congratularsi e di assaporare il gusto della tua impresa. Ma la mente vaga già al prossimo traguardo: in fondo i sogni sono così, al risveglio svaniscono per tornare però puntuali la notte successiva. E si finisce anche per attendere l'ultimo arrivato, che taglierà il traguardo quasi a notte e sarà, come di consueto, premiato insieme al vincitore. Perché i sogni sono di tutti, e non guardano le classifiche.

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