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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2012 alle ore 06:37.

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Questa volta lo stesso ministro delle Finanze giapponese Jun Azumi si è lasciato sfuggire che la Banca centrale l'ha sorpreso, facendo quello che desiderava ma non osava sperare troppo: un allentamento della politica monetaria più aggressivo delle attese, che consente ad Azumi l'ulteriore speranza di assistere a una ripresa dell'economia e di evitare il ricorso alle armi pesanti – ossia a un intervento diretto sul mercato dei cambi – per frenare l'ascesa dello yen su un dollaro indebolito dalle nuove iniziative della Fed. Il che è tutto da vedere; basti riflettere sul fatto che, dopo un breve ripiegamento, la divisa nipponica è tornata ieri a guadagnare terreno (avvicinandosi a quota 78 sul biglietto verde), benché la Banca del Giappone abbia annunciato una forte espansione del suo programma di acquisto di titoli pubblici.
All'unanimità, la BoJ ha deciso di incrementarlo di 10mila miliardi di yen (98 miliardi di euro), equamente suddiviso tra JGB e titoli a breve, aggiungendo una proroga per l'acquisto di JGB dal giugno al dicembre 2013. L'ammontare complessivo delle misure accomodanti sale così da 70 a 80mila miliardi di yen – non lontano dagli 800 miliardi di euro – includendo i 25mila miliardi destinati a prestiti agevolati al sistema finanziario. Dopo aver confermato i tassi di riferimento tra lo 0 e lo 0,1%, la BoJ ha inteso assicurarsi che i suoi acquisti progressivi di qui alla fine dell'anno prossimo avvengano senza intoppi: così ha tolto il limite dell'1% ai tassi che accetterà sul suo shopping di titoli governativi e cortporate bond, dopo che in alcune occasioni non era riuscita a rastrellare quanto voleva. La reazione più evidente è stata quella della Borsa, con l'indice Nikkei salito dell'1,2% ai massimi da quattro mesi.
Il governatore Masaaki Shirakawa ha messo in ombra il motivo determinante della decisione (ossia le mosse in direzione analoga da parte di altre banche centrali, a partire dalla Fed), giustificandola soprattutto con i segnali di indebolimento dell'economia giapponese. Secondo lo stesso istituto centrale, la crescita nipponica è giunta a una «pausa» in quanto le economie estere si sono orientate verso «una fase di decelerazione più marcata», mentre l'inflazione non pare destinata a schiodarsi da un livello intorno allo zero (lontano dall'obiettivo di massima fissato all'1%).
Molti economisti privati e broker, del resto, ritengono che nel trimestre in corso il prodotto interno lordo tornerà a mostrare il segno negativo e che le pressioni deflazionistiche saranno ancora difficili da contrastare. Masaaki ha chiarito che, se il rallentamento dell'economia cinese è stato oggetto di ampie discussioni nel board, le recenti tensioni politiche tra Tokyo e Pechino innescate dal contenzioso territoriale sulle isole Senkaku non sono stato oggetto di considerazione, anche se vari esperti avvertono che potranno riverberarsi in senso negativo. Uno scenario denso di incognite che comunque la BoJ non ha mancato di sottolineare. «Ulteriori misure espansive sono ancora possibili anche prima della fine dell'anno – ha osservato Masamichi Adachi, senior economist di JP Morgan Securities a Tokyo – in quanto la banca centrale sta enfatizzando le incertezze nel suo outlook».
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1
Febbraio 1999-Agosto 2000
È il periodo in cui inizia la Zero Interest rate policy (politica di interessi zero).
I tassi di interesse vengono portati a zero con l'impegno a guidare il call rate «al livello più basso possibile».
Una politica che finisce con
un prematuro rialzo dei tassi
allo 0,25 per cento

2
Marzo 2001-marzo 2006
Quantitative easing policy (politica di allentamento quantitativo).
La Bank of Japan passa all'acquisto di titoli governativi come strumento principale per iniettare ulteriore liquidità nel sistema. Finisce ai primi segni (rivelatisi poi prematuri) di un esaurirsi della deflazione

3
Da ottobre 2010 a oggi
Comprehensive Monetary Easing.
Dopo aver tagliato l'overnight call rate a 0-0,1%, la BoJ introduce un nuovo programma da 35mila miliardi di yen di acquisto di asset e prestiti agevolati. Un programma incrementato nel corso del 2011 a 55mila miliardi, poi a 65mila e, con la decisione di ieri, a 85mila miliardi

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