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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2012 alle ore 15:51.

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Gaenswein: c'erano fotocopie, ma anche originali
«Durante gli anni del suo servizio non ho mai avuto ragione di dubitare del suo operato», ha detto monsignor Georg Gaenswein testimoniando oggi al processo contro Paolo Gabriele. Il segretario del Papa ha poi riferito davanti ai giudici, in una deposizione durata circa 35 minuti, di aver cominciato ad nutrire sospetti su Gabriele quando leggendo il libro "Sua Santità", si era accorto che c'erano due lettere mai uscite dal suo ufficio. Si tratta do due lettere originali, una del giornalista Bruno Vespa e una di un direttore di banca milanese, tutte e due indirizzate a Gaenswein. «Questi documenti non sono mai usciti dal mio ufficio, non sono andati ad altri dicasteri, ne avevo solo riferito al Papa verbalmente. Questo ha sollevato in me il sospetto che fossero stati fatti uscire proprio dalla mia stanza». Gaenswein ha anche detto che «quando siamo andati con i gendarmi per controllare il materiale sequestrato - ha proseguito - ho visto sia fotocopie, sia originali. I primi originali risalgono all'inizio del servizio di Gabriele, originali del 2006, 2007, 2008». Comunque, ha aggiunto, «gli originali erano pochi».

Detenuto in una cella minuscola con la luce accesa 24 ore al giorno
Nel processo che lo vede accusato di furto aggravato di documenti di Benedetto XVI, l'ex maggiordomo papale Paolo Gabriele, rispondendo alle domande del suo difensore Cristiana Arru, ha riferito di essere stato rinchiuso, nel primo periodo dopo l'arresto del 23 maggio scorso, in una minuscola cella «in cui non potevo neanche allargare le braccia». L'avvocato Arru ha sottolineato che la permanenza in quella cella è durata «una ventina di giorni»: «forse neanche», ha replicato il promotore di giustizia Nicola Picardi, spiegando che lui provvedette a far organizzare un'altra cella «più ampia». Gabriele, sempre su domanda del suo legale, ha anche sottolineato di essere rimasto per i primi 15-20 giorni di detenzione con la luce accesa 24 ore su 24. «Non c'era interruttore - ha spiegato -. La luce era accesa 24 ore e questo mi ha anche causato un abbassamento della vista». All'imputato è stato anche chiesto se avesse subito pressioni. «La prima notte sì - ha risposto -, mi è stato anche negato il cuscino».

Aperto un fascicolo per accertare se ci sono stati abusi nella detenzione di Gabriele
Il presidente del collegio giudicante Giuseppe Dalla Torre ha quindi indicato all'avvocato difensore di «presentare una denuncia a parte» su queste vicende e ha invitato il promotore di giustizia Picardi ad aprire un fascicolo per accertare se ci siano stati "abusi" nella detenzione di Gabriele, invito subito raccolto dal rappresentante dell'accusa.

La gendarmeria vaticana: massimo rispetto per Gabriele
Il corpo della gendarmeria vaticana, guidata dal comandante Domenico Giani, ha risposto con un comunicato ufficiale, alle dichiarazioni rilasciate a processo dal maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, affermando di aver sempre avuto il «massimo rispetto» della persona durante la detenzione e ricordando i rapporti di «pregressa amicizia e conoscenza» tra Gabriele e il personale della gendarmeria. «Nel caso dovessero risultare infondate» le sue accuse di maltrattamento «egli potrebbe essere passibile di una controdenuncia».

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