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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2012 alle ore 14:36.

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La clausola salva Lega-Sel e il nodo coalizioni forzate
Ma perché lo sbarramento del 5% scende al 4% per i partiti che scelgono di coalizzarsi? Sulla carta appare inutile contorsione. La clausola è stata già ribattezzata "salva Maroni" e "salva Vendola" – dal momento che sia la Lega, probabile alleata di quel che resterà del Pdl, sia Sel, alleata del Pd, non hanno certezza di raggiungere il 5% - e mette in evidenza il vero punto di debolezza del compromesso raggiunto. La formazione di coalizione forzate e non omogenee a scapito della governabilità, messe su solo per ottenere il premio del 54% previsto dal Porcellum, è stato l'effetto politico della seconda repubblica più fortemente criticato dai fautori di una buona riforma. L'Udc di Pier Ferdinando Casini ne ha fatto addirittura il punto centrale della sua strategia politica: destrutturare i poli e puntare su grandi partiti europei liberandosi dai condizionamenti dei tanti piccoli "estremi", a destra come a sinistra (Lega e Sel, appunto). La clausola salva Lega e salva Sel è lì a indicare che i grandi partiti hanno per ora rinunciato alla "vocazione maggioritaria" (per usare una vecchia espressione del fondatore del Pd Walter Veltroni) e si ancorano al vecchio schema delle alleanze, sia pur semplificato, per galleggiare possibilmente in salvo verso la prossima legislatura.

Il Monti bis sullo sfondo
Un compromesso, dunque. Che salva il salvabile e non sceglie. E che lascia di fatto aperta la strada della grande coalizione anche dopo il 2013. Il premio del 12,5% con ogni probabilità non sarà infatti sufficiente a formare coalizioni omogenee in grado di portare avanti la cosiddetta agenda Monti fino al 2018. Il leader del Pd Pier Luigi Bersani ha accettato il compromesso del premio "piccolo", sapendo che resta aperto il nodo governabilità, perché non ha voluto prendere sulle sue spalle la responsabilità di un ritorno alle urne con il vituperato Porcellum. Lo schema bersaniano resta quello di un governo ampio, da Vendola a Casini, ma non di grande coalizione. E mentre Vendola e Casini continuano a lanciarsi reciproci veti il Monti bis resta più che mai sullo sfondo.

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