ROMA
«È una cautela particolarissima quella che va usata con i bambini e che ci viene raccomandata anche dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Una cosa così non doveva succedere. Ma neppure bisognava arrivarci: credo che le responsabilità siano di tutti, anche se maggiori sono quelle di chi rappresenta le istituzioni». Elisabetta Cesqui, sostituto procuratore generale in Cassazione, ha appena finito di guardare il video del bambino trascinato via dalla polizia per le gambe e per le braccia, a forza, per eseguire l'ordine del giudice di portarlo in una casa-famiglia.
Dottoressa Cesqui, inorridiamo al pensiero che questo sia rispetto della legge, del diritto, della giustizia...
Non lo è, infatti. Dovrebbe essere un principio acquisito e consolidato, ormai, che qualunque provvedimento sui minori va eseguito con una cautela particolarissima. Lo dicono gli stessi giudici, lo ripete la Corte costituzionale e anche la Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha raccomandato di usare una cautela specifica.
Parole, evidentemente. Le immagini che tutti abbiamo visto raccontano un'altra storia.
È vero, ma forse in questa vicenda tutti hanno un po' di responsabilità. Non bisogna nemmeno arrivarci a situazioni del genere e se ci si arriva è perché non tutti gli attori si sono adoperati abbastanza per evitarlo, anche se è evidente che le responsabilità maggiori sono di chi ha un ruolo istituzionale, di chi rappresenta lo Stato, perché deve farsi carico più di altri della situazione. Non conosco la vicenda familiare né le carte giudiziarie, ma sono sicura che ci fossero delle alternative. Penso a piccole cose, ma determinanti: parlare con la zia che era presente o con l'insegnante, per cercare di convincere il bambino; aspettare un giorno o un altro ancora. Certo, non si può neanche pretendere che se il bambino non vuole (in questo caso non vuole andare con il padre), allora non si fa niente. L'ordine del giudice va eseguito, ma certo non in quel modo.
Dall'esterno può sembrare bizzarro che un giudice, per far recuperare al figlio il rapporto con il padre, decida di toglierlo alla madre con cui vuole stare e di parcheggiarlo in una casa famiglia in quanto ambiente neutro.
Non conosco il provvedimento del giudice ma so che è difficilissimo valutare quale sia lo strumento migliore per consentire a un bimbo di recuperare i rapporti familiari. La cosa importante è che qualunque decisione non sia adottata per partito preso. Ad esempio: è in assoluto meglio l'affidamento al genitore naturale; il bambino non va mai tolto alla famiglia naturale; mai affidarlo al genitore omosessuale; bisogna privilegiare la famiglia benestante rispetto a quella povera... I preconcetti vanno eliminati e le decisioni vanno sempre prese con riferimento al caso concreto. L'unico partito preso che l'ordinamento ci impone è l'interesse del minore.
Dipende da come viene declinato...
Certo. Per alcuni è stare con la mamma, per altri è stare con il genitore più ricco... Questo è sbagliato se è frutto, appunto, di idee preconcette.
I giudici minorili hanno un onere di gran lunga maggiore rispetto agli altri colleghi, perché a loro non basta conoscere alla perfezione il diritto. Secondo lei, sono giudici attrezzati?
Dipende. I giudici minorili sono sempre stati in bilico tra l'essere troppo o troppo poco giudici. Ma se da un lato c'è il rischio che siano troppo tecnici, dall'altro lato è indispensabile che siano consapevoli, sempre, di maneggiare una materia delicatissima.
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