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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2012 alle ore 08:09.

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La vita nelle grandi città spesso è fagocitata dalla congestione, avvitata nei vortici della mobilità urbana e periurbana (solo questa vale oltre 14 milioni di italiani coinvolti giornalmente nel traffico infernale dalle periferie alla città). Con la loro vita ed economia culturale e del tempo libero, le medie città provinciali sventano anche la solitudine globale sofferta nelle mille piccole municipalità.
In secondo luogo, i territori provinciali delle medie città del Centro Nord, soprattutto nella Terza Italia di Arnaldo Bagnasco (1982), presentano un'antropizzazione diffusa, con case sparse sul territorio che svelano la presenza di un fascio di luce di fiducia sociale e civica che continua a illuminare la qualità della vita, una pietra miliare per quel Bil o Fil (Benessere interno lordo e Felicità interna lorda) che dovrà sostituire, per assonanza musicale, il Pil.

Certo sono finiti i tempi delle ricerche sulla "dolce vita" della società e dell'economia dei desideri, in cui si diceva che l'economia non è che una componente del benessere. Ora città e territori vivono la precarietà economica della competizione globale e ci accorgiamo che senza smart élite è difficile creare smart cities con una big society solidale e coesa. Tuttavia, la ricerca della vita dolce e consolatoria continua a scorrere nel sistema circolatorio del Belpaese, come sempre ineguale, ma continua a operare nonostante le condizioni aleatorie degli stati e dei mercati nella crisi occidentale.
Ciò attesta che le regolazioni sociali millenarie e invisibili, come a esempio la famiglia e la comunità locale, di cui la società è ricca, a dispetto del loro progressivo sfarinamento, continuano a costituire uno shelter per ripararsi dalle intemperie della crisi e anche a garantire un humus fertile di ripartenza. Tutti noi sappiamo che questa ripartenza è complicata e difficile, ma, in cuor nostro, siamo consapevoli che il Belpaese ha straordinarie potenzialità di sviluppo (come i recenti Stati generali della cultura del Sole 24 Ore hanno messo in evidenza).

Dobbiamo essere capaci d'incarnare al presente la bellezza e l'intelligenza di questo Paese, essere noi a meritarci l'Italia, a inorgoglirci del colpo di fortuna di vivere tra le colline dell'infinito leopardiano o accanto alle vestigia esemplari del nostro mitico passato. Su questo piano, più sottile rispetto al ragionamento numerico, la qualità della vita e lo stile italiani continuano a essere invidiati nel mondo.
A fare la differenza è la vita dolce che percepiamo tornando dai nostri viaggi dalle città del Nord Europa, sempre così freddamente perfette e ordinate da rendere prevedibile e insipida la vita quotidiana e la gente venata da un retropensiero un po' triste. Arrivando nel Belpaese, cinico e carico d'ingiustizie e difficoltà, la vita è più viva perché sofferta e colorata dai nostri equilibri acrobatici, ma, forse proprio per questo, sappiamo anche essere felici e, forse, sappiamo ancora comunicarlo.

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