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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2012 alle ore 06:36.

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L'analisi storica
Il primo specchio che restituisce questa immagine complessiva, nella analisi storica rintracciabile nelle indagini sulla Qualità della vita, è l'indice sintetico sul tenore di vita. Vent'anni fa, nel 1992, valeva 521 punti. Nel 1995, il giro di boa per la vicenda tarantina che ha coinciso con la privatizzazione dell'Ilva, i punti erano scesi a 513. L'erosione del tenore della vita è stato graduale, ma costante: nel 2002, i punti erano 505 e, quest'anno, sono scesi sotto quota 500. Per la precisione, 497. Questo peggioramento ha fatto il paio con lo scivolamento verso il basso nella classifica: se vent'anni fa, come tenore di vita, Taranto era al 75° posto, ora è scesa al 94°.

La privatizzazione dell'Ilva, che rischia da un giorno all'altro la chiusura per il finora insanabile conflitto che divide proprietà e magistratura, sindacato e politica, ha fatto tutt'altro che male a Taranto dal punto di vista degli affari e del lavoro. Certo, nel ranking del Sole 24 Ore del lunedì è sempre molto indietro: vent'anni fa era all'85° posto, dieci anni fa era precipitata al 103°, adesso è al 96°. Ma, sotto il profilo dei valori assoluti, le cose stanno diversamente. Nel 1992 i punti erano 285. Nel 1995, quando l'Iri anziché chiudere l'acciaieria la vendette ai Riva, erano diventati 335. Una quota di poco incrementata anche quest'anno: 350 punti.

Lavoro e salute sono invece i due poli di un presente ingarbugliato. L'indicatore sui servizi e sul'ambiente non riproduce esattamente la situazione attuale. L'indice di Legambiente utilizzato in questo caso, dato che la vicenda Ilva è tuttora aperta, non ha tenuto conto delle polveri sottili e delle emissioni nocive emanate dalla maggiore fabbrica siderurgica d'Europa. Anche per questo, i punti sono in incremento: dai 482 di vent'anni fa ai 496 di oggi. Soltanto che, nel resto d'Italia, la tutela della natura (e l'assenza di un problema strutturale come la presenza di un'industria primaria a ridosso dei quartieri abitati) ha contribuito a migliorare il quadro generale delle città e delle province italiane. A Taranto, no. E, così, se Taranto era nel 1992 al 45° posto, adesso è precipitata fino al 94°.

Lavoro e salute si intrecciano con una questione, la demografia, che non è mai semplice da interpretare. Il segnale è di disaffezione, con una tendenza di peggioramento rispetto al resto dell'Italia: dai 535 punti (e dal 51°posto) del 1992 ai 416 punti (e al 103° posto) di adesso. E, mentre il tempo libero è in flessione come ranking (dall'82° al 104° posto) ma in incremento come indice assoluto (da 171 a 218 punti in vent'anni), una cosa è migliorata: l'ordine pubblico. Se vent'anni fa Taranto era al 79° posto, adesso è al 54°, con un valore dell'indice quantitativo in vent'anni triplicato: da 123 a 368.

L'attualità
La sfilza di numeri, comparazioni, incroci di dati e tabelle restituisce un'istantanea matematicamente ineccepibile che, per motivi evidenti, non può misurare l'energia generata in questi mesi dal conflitto tra l'acciaieria, la magistratura e i tarantini. Pur in un frangente così drammatico, Taranto è apparsa matura, consapevole dei suoi diritti e conscia dei suoi limiti. Una foto di gruppo (con un ponte girevole e molte ciminiere) che riflette lo sforzo di una comunità unita da un interrogativo più che da una certezza: se non ora, quando?

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