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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2012 alle ore 11:10.

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L'assassinio di un assicuratore avvenuto in strada nella centrale zona Fiera rilancia la questione della sicurezza a Milano, ponendo inevitabilmente ancora una volta l'interrogativo se sia in crescita la violenza nella metropoli lombarda.

Il questore Luigi Savina, con toni rassicuranti, ha assicurato che quanto accaduto non è collegabile alla criminalità organizzata. «C'è soltanto una concentrazione in un breve periodo dell'anno, allarmante ma connessa a una grande metropoli», ha poi aggiunto. «L'esercito? Non è determinante, ma lo apprezzo. A Milano - ha continuato - c'è e presidia punti fissi, come i consolati».

Tuttavia il livello di sicurezza a Milano negli ultimi tempi, nonostante le rassicurazioni arrivate anche da parte dell'amministrazione comunale, viene percepito in calo visto il verificarsi a distanza ravvicinata di episodi oltre che di micro-criminalità anche di sparatorie come quella di via Mosè Bianchi, in cui è rimasto ucciso l'assicuratore di 69 anni Diego Preda. Poiché la sicurezza non è misurabile solo in termini statistici, quanto soprattutto a livello del percepito, dato che gli ultimi episodi sono avvenuti per strada davanti ai passanti, non può che esserci da parte dei milanesi la percezione di vivere in una città meno sicura. Le scene da far west con sparatorie in strada sono incominciate a settembre in via Muratori un lunedì sera, alle 20 circa, con una duplice esecuzione tra la gente: morti un uomo e la sua convivente con in braccio una bambina che nella caduta ha riportato un lieve trauma. A distanza di un giorno, la sera dell'11 settembre, di nuovo degli spari per strada: i colpi partivano da un'auto, un'Audi A2 grigia, all'indirizzo di una Ford Focus blu, tra il traffico cittadino all'angolo di via Crespi. Nessun ferito solo danni a un'auto in sosta colpita da una pallottola vagante. Due sparatorie ravvicinate temporalmente che pur essendo «episodi scollegati», come dichiarato dal prefetto Lombardi dopo un vertice delle forze dell'ordine hanno fatto salire la percezione di insicurezza che si è rafforzata con l'ultimo episodio della scorsa settimana.

Al netto dei fatti di cronaca nera sempre più frequenti e raccapriccianti all'interno delle mura domestiche, come quello della donna incaprettata trovata morta sempre la scorsa settimana, è una novità questa serie di sparatorie on the road che magari pur non costituendo un 'emergenza per la sicurezza sono un fatto inedito degli ultimi tempi. Bisogna risalire ai cosiddetti anni di piombo per trovare delle esecuzioni in strada al cui contrasto si provvide con l'approvazione di leggi speciali. Fermo restando che i recenti casi di cronaca non vanno confusi né per quantità e neppure per motivazione con quelli del terrorismo, va detto che la situazione andrebbe tenuta sotto controllo, mentre per il momento sia il sindaco Pisapia sia l'assessore alla sicurezza Marco Granelli hanno fatto solo richiesta scritta al prefetto di convocazione del Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica con annunci a effetto " Mai Milano come Scampia."

Se non sono episodi riconducibile alla criminalità organizzata, ben radicata al Sud, resta il fatto che i suoi tentacoli sono ben presenti nella capitale del Nord. Non a caso è tuttora agli arresti l'ex assessore regionale Domenico Zambetti, accusato di voto di scambio con la 'ndrangheta, sempre più infiltrata a tutti livelli. Interpellato sulla questione il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha escluso che dopo l'inchiesta sulla Regione Lombardia «si possa parlare di un fenomeno assimilabile e paragonabile a Palermo o Reggio Calabria» pur ammettendo che «non pensavamo che si arrivasse al voto di scambio anche in questa regione attraverso il pagamento dei voti, in quanto si riteneva fosse un fenomeno connaturato all'estrema povertà di certe regioni del Sud e non di contesti ricchi come quello lombardo. Ci sbagliavamo».

Un'onesta ammissione che dovrebbe far riflettere l'attuale amministrazione comunale anche in vista dell'imminente appuntamento dell'Expo, un boccone appetibile per la criminalità organizzata come emerso sempre nell'inchiesta della magistratura su Zambetti, caduto nelle mani della 'ndrangheta anche per dare l'assalto agli affari dell'Expo.

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