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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2012 alle ore 08:07.

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Raggiungere questo obiettivo è possibile, a patto che maturino condizioni di contesto chiare e precise, animate dalla consapevolezza che le attività di ricerca e sviluppo rappresentano il motore indispensabile per creare innovazione tecnologica in Italia, in generale, e nel nostro settore, in particolare.
L'industria aerospaziale ed elettronica italiana, civile e militare, rappresenta oggi uno dei principali settori manifatturieri strategici per lo sviluppo del Paese: ha un giro d'affari superiore ai 13 miliardi di euro annui, di cui oltre il 50% esportato; ha più di 50mila addetti, altamente specializzati, tra cui 10mila ingegneri; investe in Ricerca e Sviluppo circa il 12% del proprio fatturato; dispone di un indotto qualificato di oltre 150mila persone e di una presenza capillare in quasi tutte le regioni italiane. Tuttavia, il rischio di una significativa recessione per questo comparto industriale è molto concreto, in un contesto di mercato nel quale i concorrenti internazionali continuano a ricevere dai rispettivi governi un sostegno attivo e strutturato, fatto di interventi sistematici di supporto alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e programmi.

Tale supporto, che potrei definire di "partenariato strutturale", è stato sempre assicurato dai governi delle nazioni più avanzate alle proprie industrie dell'aerospazio, difesa e sicurezza, nella consapevolezza che un settore strategico come questo necessita di investimenti in ricerca e sviluppo che, per dimensioni e tempi di ritorno, non sono sostenibili dall'industria in maniera autonoma.
Tale settore rappresenta, peraltro, una delle filiere produttive con i maggiori tassi di ritorno degli investimenti sia in termini economico-finanziari, sia di mantenimento delle competenze tecnologiche e di livelli occupazionali qualificati. Basti considerare che il moltiplicatore della domanda aggregata degli investimenti in sistemi di difesa è pari a 1,83, il più elevato tra quelli relativi alla spesa pubblica; 1 euro di investimenti in ricerca e sviluppo genera 6-7 euro di Pil; 10 milioni di euro creano 300 nuovi posti di lavoro, altamente qualificati.

Al pari degli altri grandi Paesi europei, anche l'Italia si è dotata a suo tempo di una specifica legge, la 808/85, dimostratasi un importante strumento di sostegno alla R&S nel settore aerospaziale ed elettronico. Questa legge, finanziata dal ministero dello Sviluppo economico, ha garantito interventi dell'ordine di 400-500 milioni di euro l'anno, il 30% dei quali destinati alle Pmi, ed è riuscita ad attivare ulteriori investimenti, da parte delle imprese, pari ad almeno il 45% di quelli pubblici, consentendo così all'industria nazionale di sviluppare nuove tecnologie che hanno contribuito in maniera decisiva al successo dell'industria italiana, e di Finmeccanica, in questo settore. Tra queste, lo sviluppo di materiali compositi per le costruzioni aeronautiche, di sistemi avanzati ad ala rotante, di radar per il controllo del traffico aereo e navale, di velivoli e sistemi di addestramento avanzato. La vendita di prodotti basati su queste tecnologie ha generato per Finmeccanica un fatturato, in gran parte di esportazione, pari a circa dieci volte l'investimento in ricerca e sviluppo.

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