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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2012 alle ore 12:22.

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Meshal viene ricoverato in fin di vita, Ben David capisce che l'operazione ha preso una brutta piega mentre gli altri agenti del Mossad si rifugiano nell'ambasciata israeliana: informa Netanyahu che ordina al capo del Mossad Danny Yatom di volare ad Amman e confessare tutto a Re Hussein. Il trattato di pace e le relazioni con la Giordana rischiavano di naufragare in un disastro diplomatico.

Davanti al capezzale di Meshal, ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale reale, si svolge una scena incredibile. Ben David accorre con la sua dottoressa ma i giordani respingono l'idea che sia un medico israeliano a iniettare l'antidoto. Il medico del Re, a sua volta, si rifiuta di somministrarlo senza vedere la composizione del siero e del veleno.

I giordani vogliono le formule, gli israeliani insistono nel negarle. Meshal, intubato, smette di respirare. Re Hussein, inviperito, fa sapere al Mossad che se Meshal fosse morto avrebbe condannato alla forca i due agenti arrestati: alla fine del braccio di ferro Netahyahu cede. Devono però essere evacuati dall'ambasciata gli altri agenti del Mossad e inizia una complessa trattativa segreta che costringe a volare ad Amman una delegazione con il primo ministro Netahyahu, il ministro degli Esteri Sharon e quello della Difesa Mordechai.

L'accordo, dopo negoziati estenuanti, prevede la consegna degli agenti in cambio della liberazione di venti prigionieri arabi nelle carceri israeliane e dello sceicco Ahmad Yassin, il capo spirituale e politico di Hamas che verrà ucciso nel 2004 a Gaza da un elicottero israeliano con un'esecuzione mirata mentre usciva dalla moschea. Alla morte di Yassin le redini del movimento islamico sono passate nelle mani di Khaled Meshal.

Qualche settimana dopo questi eventi passai all'Intercontinental di Amman sulla strada di Baghdad. I mezzi di informazione, anche queli israeliani, si facevano beffe del fallimento del Mossad.

Ma nessuno sapeva allora che l'operazione era stata guidata proprio dall'Intercontinental. Venne però a trovarmi un funzionario giordano del ministero dell'Informazione (v. Il Sole 24 ore 9-11-1997).

"Due anni fa _mi disse _ durante la conferenza economica internazionale accompagnai Shimon Peres per un giro nel centro di Amman a piedi. Qualcuno per strada riconoscendolo gli regalò un kolomboi, il nostro tradizionale rosario, poi il ministro israeliano si fermò a bere una spremuta d'arancia e a fumare rilassato il narghilé: ma lei s'immagina oggi, qui, una cosa del genere?". No davvero, era cominciata una nuova spirale di violenza e sfiducia tra arabi e israeliani che non solo dura ancora oggi ma è diventata ancora più profonda.

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