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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2012 alle ore 16:46.

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Due blindati Lince lungo la linea di demarcazione. (Foto di Mauro Montaquila della Brigata Friuli)Due blindati Lince lungo la linea di demarcazione. (Foto di Mauro Montaquila della Brigata Friuli)

"Questo è un confine di guerra da 60 anni, non poteva che diventare la regione più povera del Libano: chi aveva i soldi se ne andava all'estero", spiega Ali Surour, il sindaco di al Basuriya, un altro villaggio beneficiato da una cerimonia d'inaugurazione: questa volta addirittura l'intero edificio che ospita la municipalità, costruito con l'aiuto di San Cesareo, provincia di Lecce. "Ora i soldi sono tornati - prosegue il sindaco - gli emigranti si costruiscono la casa di famiglia e questo è un buon segno. Torna il lavoro. Ma se la gente ha più coraggio è perché viviamo sotto la protezione dell'Unifil. Cosa succede se vanno via?".

La possibilità esiste sempre ma non è presa in considerazione da nessuno, soprattutto dai diretti interessati: gli israeliani, i libanesi ed Hezbollah, il movimento islamico sciita che è nato fra queste colline e ora è il partito e la milizia armata molto più potenti del resto del governo e dell'esercito libanesi. Per questo, nonostante la pesante geopolitica che circonda il Sud del Libano, non si era mai vista una situazione così tranquilla.

Lo si vede da come i nostri pattugliano il territorio: appena possono, i lanceri del Savoia cercano di non mostrare le armi. Il regolamento è sempre puntiglioso: nella sala di controllo di al Mansouri, la base della nostra cavalleria, ogni pattuglia è seguita metro dopo metro.

A chi sta per uscire in missione, un ufficiale ricorda che oggi è l'anniversario del "Sabato nero", un fatto di sangue fra cristiani e musulmani accaduto a Beirut nel 1975, all'inizio della guerra civile. Probabilmente nessun libanese del Sud ricorda quella data. Molto altro e di peggio è accaduto da allora. Ma nella sala, davanti ai computer, non si sottovaluta nulla, nemmeno gli eventuali rischi di una lontana ricorrenza.

Così la cerimonia di Shehabiye concordata tra il colonnello Fazal, il tenente colonnello Di Leva e il sindaco Rokeyn assume, nel suo piccolo, un significato strategico. E' il Cimic. I militari sono pratici, parlano per acronimo: Jvb, AoR, Sw Cdr, Mil Sec Cell. Cimic sta per Civil Military Cooperation. O come la descrive il tenente colonnello Mario Di Leva della brigata Friuli, "l'arma non cinetica: non fa vittime ma beneficiati soddisfatti".

Un modo dei militari per conquistare i cuori e le menti della popolazione civile e, sempre secondo Di Leva che è il responsabile Cimic del contingente italiano, per rendere più sicuro il pattugliamento dei nostri: farlo fra gente che saluta riconoscente è sempre meglio che fra una popolazione ostile.

In Afghanistan, dove la situazione è enormemente più tesa, il Cimic ha provocato qualche polemica: le Ong temono che alla fine la gente confonda i civili con i militari i cui scopi - per esempio ottenere informazioni - sono a volte molto diversi da quelli delle Organizzazioni non governative. Qui in Libano il problema è quasi inesistente, non vivendo una condizione di guerra effettiva.

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