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Questo articolo è stato pubblicato il 10 gennaio 2013 alle ore 09:15.

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Tanta Asia, poca Europa, pochissima Italia. Gli ultimi dati sull'innovazione d'impresa certificano l'ennesimo primato cinese, il cui ufficio brevetti è ormai il primo al mondo con oltre 526mila richieste, un quarto del totale.
I numeri dell'organizzazione mondiale della proprietà intellettuale evidenziano lo storico sorpasso sugli Stati Uniti, mentre il ruolo dell'Europa diventa sempre più marginale, appena il 6,7% delle richieste di brevetto mondiali per lo European Patent Office, un punto in meno rispetto al 2008.

La classifica mondiale degli uffici brevetti, che per la prima volta nel 2011 vede superare la soglia dei due milioni di domande, è la sintesi dei trend dell'economia globale, che vede una crescita esponenziale del ruolo asiatico. Ad eccezione del secondo posto degli Stati Uniti, infatti, le prime posizioni sono per Cina, Giappone e Corea, con l'India in forte crescita, arrivata in settima posizione con più di 40mila richieste di brevetto. Per l'Italia il bilancio è magro, con 9.721 richieste depositate nel 2011 presso l'Ufficio nazionale, dato in linea con il 2010 a fronte di una crescita globale del 7,8%, differenza di trend che relega il nostro Paese al 17esimo posto (16esimo senza contare l'Ufficio Ue), subito dopo Singapore.

La sede geografica del deposito in realtà fotografa solo in parte la propensione innovativa di un Paese, considerando che ormai sul Continente la strada più battuta è quella del Brevetto europeo, ma anche qui per l'Italia i numeri non sono confortanti. Per il nostro Paese infatti nel 2011 le richieste di registrazione su base continentale si sono ridotte dell'1,4% a quota 4.879 mentre il totale delle richieste è salito del 3,7%.
La situazione nazionale migliora leggermente guardando ai brevetti più "pesanti", quelli depositati secondo l'accordo internazionale Pct (Patent Cooperation Treaty), che con una sola richiesta permette di proteggere l'innovazione in 146 nazioni offrendo tutela alle novità considerate più rilevanti, quelle per cui aziende e centri di ricerca ipotizzano uno sfruttamento su scala globale.

Qui il dominio è ancora per gli Usa, con quasi 50mila richieste, seguono Giappone e Germania mentre la Cina è solo quarta con 16.400 domande, anche se in crescita del 33%. L'Italia qui recupera posizioni e arriva al 12esimo posto con 2.695 richieste, subito dietro al Canada.
Il gap innovativo del nostro Paese resta però rilevante e si palesa scorrendo un'altra classifica internazionale, quella delle spese in ricerca delle maggiori società.

I dati appena sfornati da Bruxelles, che analizzano i conti delle mille aziende che dedicano gli importi maggiori alle attività di ricerca e sviluppo, evidenziano per l'Italia una posizione di retroguardia, con appena il 5% della spesa globale in questo ambito, a fronte del 34,5% della Germania e del 17,5% della Francia. Spesa che per l'Italia cresce nel 2011 del 5,1%, oltre tre punti in meno rispetto alla media europea.

A pesare in modo determinante sulla classifica è il nostro cronico deficit in termini di grandi imprese, categoria di gran lunga più rappresentata nelle economie di Berlino, Parigi e Londra, rispettivamente ai primi tre posti in graduatoria con oltre 600 aziende coinvolte.

La pattuglia delle imprese italiane, già ridotta, si assottiglia a quota 50 unità, quattro in meno rispetto all'anno precedente nonostante lo "sdoppiamento" di Fiat, che porta ora in classifica sia l'auto che la nuova società Fiat Industrial. E proprio Fiat è la prima italiana in classifica, sedicesima con un investimento stimato pari a 2,17 miliardi. Cifra ragguardevole in valore assoluto, che tuttavia si ridimensiona ampiamente a confronto con il leader assoluto Volkswagen, capace di investire nel 2011 7,2 miliardi, il 15% in più rispetto all'anno precedente.
Tra le top 100 della classifica europea troviamo solo una sparuta pattuglia nazionale, che oltre a Fiat comprende Finmeccanica, Fiat Industrial, Telecom, Intesa Sanpaolo e Unicredit.

Ancora più amaro il bilancio nella classifica allargata all'intero pianeta, dove entrano in gioco anche i colossi statunitensi e asiatici. Tra le prime 1500 aziende mondiali primeggia Toyota, con un investimento in ricerca pari a 7,7 miliardi, mentre nelle prime cento posizioni troviamo solo due aziende italiane: Fiat (52esima) e Finmccanica (56esima).

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