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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2013 alle ore 12:01.

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A Sud, la crisi è più crisi che nel resto d'Italia, come dimostrano gli «oltre 50 tavoli di crisi aziendali aperti», occorre intervenire rapidamente «a sostegno della produttività e dei fattori di contesto», se non si vuole correre il rischio «di una desertificazione industriale». In questo scenario, descritto aprendo i lavori del convegno «Gli investimenti infrastrutturali nella nuova politica di coesione», promosso da Confindustria a Roma, il vicepresidente per il Mezzogiorno dell'associazione Alessandro Laterza rilancia il ruolo dei fondi strutturali europei, strumento che rappresenta «la fonte finanziaria decisiva, forse l'unica tangibile al momento» per rimettere sulla rotta dello sviluppo l'economia meridionale in tempi di «costante riduzione delle risorse pubbliche per gli investimenti».

Priorità agli interventi connessi con i corridoi di traffico Ue
Cogliendo una tentazione diffusa in tempi di campagna elettorale, Laterza sottolinea come per il rilancio dell'Italia del Sud non serva «l'assistenzialismo», e «i grandi annunci e le promesse», quanto uno sforzo per «concentrare le risorse su poche cose e chiare» a partire da una seria politica infrastrutturale. E punta il dito contro il gap infrastrutturale del Mezzogiorno «uno dei principali freni agli investimenti delle imprese, italiane ed estere». La ricetta è quella di «selezionare gli interventi con un semplice criterio guida: «La loro capacità di connettersi ai corridoi di traffico europei e concentrare una quota significative delle risorse sulle grandi reti». In parallelo, si tratta di completare quanto avviato facendo convergere le risorse pubbliche e private, migliorando la collaborazione tra amministrazioni centrali e regionali nella attuazione degli interventi.

Risorse per 60 mld di euro, «le imprese faranno la loro parte»
Un approccio pragmatico votato all'efficienza, quello suggerito da Laterza, che si ritrova nel «metodo avviato dal ministro Barca», titolare del dicastero per la Coesione territoriale, quanto mai necessario in una fase in cui la spesa pubblica in conto capitale si è ridotta da circa 22 mld del 2007 a poco piu' di 15 nel 2011. Le imprese, ha assicurato, «vogliono e devono fare la loro parte», auspicando che «in questo momento le forze politiche sappiano parlare al Mezzogiorno con il linguaggio della verità e non con quello della ricerca del consenso». Sul tavolo, con i fondi strutturali europei, c'è una cifra, che con il cofinanziamento nazionale, può arrivare a 60 miliardi di euro.

Barca (Coesione): «Nel 2012 centrati 51 target di spesa su 52»
L'attenzione alle priorità condivise e ad un approccio omogeneo suggerite dal vicepresidente per il Mezzogiorno di Confindustria non sono solo una garanzia per il rilancio del Meridione, ma sono imposte anche dal «lavoro durissimo» che l'Italia dovrà affrontare nei prossimi anni «per completare il percorso di spesa dei fondi comunitari». A dirlo è lo stesso ministro uscente per la Coesione, Fabrizio Barca, che ha confermato che l'Italia «dovrà spendere circa 32 miliardi di euro nel prossimo triennio per centrare i target di spesa fissati». Le ultime performaces locali fanno comunque ben sperare are: nel corso del 2012, ricorda infatti il ministro, tutte le regioni italiane hanno centrato gli obiettivi: «51 programmi su 52 hanno superato i target di spesa, e solo un programma interregionale sugli attrattori culturali é stato costretto a rinviare una parte di fondi indietro. Un fatto negativo, anche se parliamo di cifre molto piccole rispetto all'intero programma».

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