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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2013 alle ore 21:12.

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Dagli impianti di Giugliano e Tufino, da gennaio 2012, sono progressivamente partite 48mila tonnellate verso l'inceneritore Avr Rozenberg che opera all'interno del porto di Rotterdam e quello di proprietà della E.On ad Elfzjil, nel nord dell'Olanda, ma il rinnovo contrattuale prevede che, complessivamente, possano lievitare fino a 125mila tonnellate.

La "rottura" imposta dalla navigazione dell'immondizia è stimabile in un risparmio annuo di almeno due milioni che lieviteranno se i rifiuti urbani verranno completamente tolti dalle strade. «Abbiamo chiaramente fatto presente a Sapna - aggiunge Sodano - che quanto sta emergendo dalla convenienza economica e sociale del trasporto marittimo non può essere privo di conseguenze sulle scelte future».

Sapna il 7 novembre 2012 ha aggiudicato definitivamente la gara pubblica internazionale del servizio di smaltimento, recupero e trasporto dei rifiuti urbani. L'importo complessivo, di 58,4 milioni relativo a 414mila tonnellate totali di rifiuti, è stato aggiudicato a sette Associazioni temporanee d'impresa e una società, con prezzi che oscillano da 128,85 a 156 euro a tonnellata.

Il compito degli aggiudicatari sarà smaltire i rifiuti negli impianti in giro per l'Italia. La novità dell'aggiudicazione è che – rispetto al passato recentissimo – i prezzi su strada, indotti dalla concorrenza delle navi in viaggio verso l'Olanda, sono crollati. Per rendersene conto basta leggere l'interrogazione presentata il 21 dicembre 2011 in Commissione Ambiente della Camera dal deputato del Pd Alessandro Bratti, che aveva messo nel mirino proprio i costi del trasporto. Per spedire circa 15mila tonnellate in parte negli impianti di Trieste e in parte in quelli di Padova, il costo sarebbe oscillato tra 162 e 175 euro a tonnellata. Per spedire 55 tonnellate "in prova" presso il termovalorizzatore di Busto Arsizio (Varese) il corrispettivo sarebbe lievitato a 223 euro a tonnellata.

I condizionali sono d'obbligo perché quella interrogazione non ha mai ricevuto risposta e difficilmente la riceverà prima della fine della legislatura. Oltre che in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia, l'immondizia napoletana ha viaggiato, con costi socioeconomici elevatissimi, anche verso la Toscana, la Liguria e la Puglia.
Oltre alle rotte nazionali ci sono quelle internazionali. Anche in questo caso accanto a traffici leciti, ci sono quelli illeciti dei rifiuti, come sempre in mano alle mafie italiane spesso e volentieri alleate con quelle straniere. Nel 2011 gli uffici doganali hanno sequestrato 7.374 tonnellate di rifiuti: il 48% metallo, il 39% plastica e il resto pneumatici, carta, vetro, pelli, motori e rifiuti elettronici.

Un confronto con il traffico lecito dà un'idea – stimata per difetto – delle proporzioni. Nel 2011 (ultimo dato utile per un raffronto) l'Italia ha esportato circa 186mila tonnellate dei cosiddetti cascami e avanzi di materie plastiche, in gran parte verso la Cina (il 6% della quantità esportata complessivamente dalla Ue). A questo dato bisogna aggiungere quello delle esportazioni dei cascami di metallo: circa 200mila tonnellate (l'1% dell'export europeo).

Le destinazioni, attraverso i porti di Genova, Venezia, Livorno, Ancona, Ravenna, Civitavecchia, Napoli, Taranto e Catania, sono state Russia, Paesi Bassi, Israele, Hong Kong ma soprattutto Cina. È il mercato asiatico quello privilegiato. In Cina arrivano decine di migliaia di container carichi di rifiuti dismessi o pericolosi, che vengono mischiati con altre materie prime con le quali realizzare nuovi manufatti che prendono le vie del mondo. Poco più di un anno fa la Direzione distrettuale antimafia di Lecce ha stroncato un traffico con la Cina di 1.507 container per un totale di oltre 2.500 tonnellate di rifiuti speciali. Più o meno nello stesso periodo a Napoli sono stati sequestrati 14 Tir che trasportavano scarti ferrosi che sarebbero stati spediti nei paesi asiatici, per un giro d'affari di 250 milioni.

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