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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2013 alle ore 08:12.

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L'intesa prevede impegni finanziari per 960 miliardi (rispetto a una proposta della Commissione di 1.047,7 miliardi), ma pagamenti effettivi per 908,4 miliardi, un divario sempre esistito ma particolarmente alto questa volta. Per molti versi, il pacchetto si traduce in una vittoria di Londra che voleva una netta riduzione dell'ammontare totale, anche rispetto alle prospettive finanziarie precedenti. La funzione pubblica comunitaria, criticata da una parte della stampa europea per le sue inefficienze e i suoi privilegi, subirà un taglio di 2,5 miliardi e una riduzione del 5% degli effettivi (attualmente i dipendenti sono 55mila).
Ha ragione chi mette l'accento sul fatto che colpevolmente l'agricoltura continua a essere all'alba del XXI secolo uno dei primi capitoli di spesa del bilancio europeo. Al tempo stesso, nel 2014-2020 assorbirà 373,2 miliardi, meno di quanto proposto dalla Commissione (389,9 miliardi) e soprattutto meno che nel 2007-2013 (420,8 miliardi). Gradualmente, gli equilibri politici e le priorità economiche stanno cambiando. Lo stesso vale per la voce dedicata alla competitività. Il pacchetto prevede spese per 125,6 miliardi, in calo rispetto al progetto della Commissione, ma il 37% in più rispetto ai 91,4 miliardi delle prospettive finanziarie precedenti.
I Governi dovranno ora convincere il Parlamento europeo che deve approvare il pacchetto a maggioranza. I capigruppi dei quattro partiti più importanti (socialisti, popolari, verdi e liberali) hanno annunciato ieri che non daranno il loro benestare al bilancio «così come è» perché «non rafforzerà la competitività dell'economia europea». Van Rompuy ha risposto chiedendo all'assemblea «di assumere le proprie responsabilità», ricordando che «il bilancio non è una operazione contabile» poiché «la vita, la sopravvivenza di regioni, gruppi sociali interi ne dipendono».
I 27 sperano che la proposta di introdurre una clausola di revisione del testo dopo due anni consenta di strappare il benestare parlamentare. L'opzione, che ieri il cancelliere tedesco Angela Merkel è parso apprezzare in modo particolare, è un'arma a doppio taglio. Rischia di riaprire un negoziato chiuso con enormi difficoltà, e all'ultimo minuto utile. Al tempo stesso, non si può escludere che l'occasione possa essere utilizzata per migliorare un bilancio ancora troppo conservatore rispetto alle necessità dell'Europa.
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