Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2013 alle ore 06:36.

My24

La Commissione europea prevede ora un aumento ridotto del debito italiano nel 2013 e un ritorno alla crescita economica nel 2014. Ma sappiamo tutti che si tratta di una speranza più che di una previsione. Se alla fine i conti fossero rivisti al ribasso quanto negli anni passati, l'Italia si troverebbe nel 2014 con un debito pubblico tra il 130% e il 140% del Pil, con la Francia a non molta distanza. Per ridurre il debito bisognerebbe avere una crescita nominale del 3-4% e un surplus primario al livello attuale. Si tratta di uno scenario plausibile forse nel 2016, ma se i tassi d'interesse non scendono subito, quale sarà allora il livello del nostro debito?
A ben vedere c'è poco di incomprensibile nell'insofferenza degli elettori italiani nei confronti delle tasse, dell'Europa e dell'establishment. Si tratta della conseguenza degli errori di molti anni. E soprattutto dell'assenza di una spiegazione pubblica di quanto è avvenuto. Ci avvitiamo in Europa tra Nord e Sud e in Italia tra ideologie e fantasie, anziché riconoscere gli errori commessi.
Quelli italiani li stiamo pagando in modo sproporzionato, in termini sia economici sia politici. Gli errori commessi dall'Europa restano più nebulosi. La riduzione contemporanea di debiti pubblici e debiti privati anziché far aumentare il risparmio lo fa calare insieme al Pil. La riduzione dell'offerta di credito a famiglie e imprese è il meccanismo attraverso cui il keynesiano "paradosso del risparmio" si è perfezionato ai giorni d'oggi. La Bce deve poter fare di più per interrompere il circolo vizioso. Non si tratta di arrivare agli estremi della Fed, ma di prendere atto che il credito non circola in Italia.
Da parte sua la Commissione sta facendo primi passi incoraggianti: ha modificato la valutazione dei disavanzi tenendo conto del ciclo e all'ultimo Eurogruppo ha proposto l'analisi della "qualità" della spesa pubblica (una proposta che Franco Bruni avanzò con chi scrive molti anni fa) per pesarne gli effetti sulla crescita. Il passo successivo è facilitare quegli investimenti essenziali alla ripresa dell'economia. Berlino e la stessa Bce si oppongono con veemenza a scorporare gli investimenti dal disavanzo. Temono la zona d'ombra in cui si scrive investimento e si intende spesa pubblica. Ma di questo passo l'unico investimento accettabile sembra quello di finire sotto a un Tir.
Questa opposizione francofortese non può combattere la realtà senza finirne travolta essa stessa. Purtroppo bisognerebbe fermare le palle di neve quando cominciano a rotolare. Far risalire a monte una valanga non è mai stato facile.
cbastasin@brookings.edu
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi