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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2013 alle ore 11:06.

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Un'immagine d'archivio che mostra la scena della strage di Capaci in Sicilia, nella quale rimasero uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie e la scorta, nel maggio del 1992 (Ansa)Un'immagine d'archivio che mostra la scena della strage di Capaci in Sicilia, nella quale rimasero uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie e la scorta, nel maggio del 1992 (Ansa)

I vertici di Cosa nostra, infatti, individuavano in Falcone e Borsellino i "vecchi nemici" dell'organizzazione criminale, mentre rimproveravano all'onorevole Lima la sua inaffidabilità per non essere riuscito a condizionare positivamente l'iter del maxiprocesso in Cassazione e reputavano, invece, Mannino e Martelli dei "traditori" per non aver saputo ricambiare i benefici elettorali di cui avevano goduto nel passato (si tratta dei singoli moventi "specifici" che sorreggono ciascuno degli omicidi deliberati).

La commissione provinciale
Cambiando pagina e trattando il tema delle deliberazioni assunte dalla commissione provinciale palermitana del sodalizio mafioso, la Procura di Caltanissetta prende in considerazione le riunioni di seguito riportate:
1) la riunione della commissione provinciale di Palermo per gli "auguri natalizi" avvenuta nella prima metà del mese di dicembre del 1991.
Lo svolgimento della riunione è stata analiticamente raccontata da Antonino Giuffrè. La riunione ebbe un contenuto decisionale "strategico" e "deliberativo" ed in particolare: a) un contenuto strategico visto che in quella sede i vertici mafiosi palermitani discussero della necessità di "addivenire al regolamento di conti", ossia del medesimo obiettivo da raggiungere di cui avevano trattato, secondo il contributo offerto dai collaboratori di giustizia, i componenti della commissione regionale nell'autunno del 1991. Lo stesso Giuffrè, muovendo dalla considerazione secondo cui, in un determinato momento storico, vennero a mancare all'organizzazione mafiosa quelle coperture politiche che l'avevano "garantita" nel corso della sua storia, aveva anche sottolineato che «questa guerra, chiamiamola così, fatta allo Stato mirava semplicemente ad un obiettivo ben preciso, cioè cercare che lo Stato o parte, siamo sempre lì, nello Stato, entrasse in contatto con Cosa nostra. Cioè, che si trovasse un nuovo referente politico perché quelli... quello che c'era in precedenza era ormai inaffidabile». La Procura di Caltanissetta conclude che nel corso di tale riunione provinciale l'obiettivo che si decise di perseguire con la campagna stragista era lo stesso di cui avevano discusso i vertici regionali dell'organizzazione mafiosa nelle sedi di cui si è scritto sopra; b) un contenuto deliberativo dato che sempre nella stessa riunione si decise l'uccisione di diversi "personaggi eccellenti" e cioè Falcone, Borsellino, gli onorevoli Lima, Mannino e Martelli, nonchè l'esattore Ignazio Salvo.
Anche in questo caso – si legge nella richiesta per l'applicazione di misure cautelari firmata dal capo della Procura di Calatnissetta Sergio Lari - non si può fare a meno di sottolineare che si tratta degli stessi soggetti la cui morte era stata pure decisa dagli esponenti della commissione regionale del sodalizio mafioso.

Riunioni ristrette
La Procura nissena mette in evidenza le riunioni ristrette della commissione provinciale di Palermo avvenute tra metà febbraio e metà marzo 1992.
Le riunioni ebbero anch esse – a testimonianza della meticolosità delle scelte fatte - un contenuto decisionale "strategico" e "deliberativo" più esteso rispetto a quanto stabilito nella riunione plenaria della commissione provinciale palermitana degli "auguri natalizi" di cui aveva parlato Giuffrè ed in particolare:
1) un contenuto "strategico", visto che, rispetto alla riunione del dicembre del 1991, era emerso in maniera più marcata come gli esponenti dell'organizzazione mafiosa, nell'intraprendere la stagione stragista che di lì a poco troverà concretizzazione con la strage di Capaci, intendessero «sfiduciare quelli che stavano in sella» e cioè, in altre parole, perseguire quell'obiettivo di destabilizzazione istituzionale che doveva condurre alla ricerca di nuovi referenti istituzionali che sostituissero quelli che fino ad allora avevano garantito Cosa nostra.
Si tratta, con tutta evidenza – si legge nella richiesta della Procura - di quell'obiettivo del quale, secondo le dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia, i vertici dell'organizzazione mafiosa avevano già discusso in sede di commissione regionale;
2) un contenuto deliberativo: queste riunioni, a differenza della precedente riunione per gli "auguri natalizi", furono riunioni aperte, in cui ciascuno dei presenti aveva avuto facoltà di indicare "personaggi eccellenti" da eliminare.
Dunque, ai nomi di Falcone e Borsellino, dell'onorevole Lima, Martelli e Mannino, nonché di Ignazio Salvo, si aggiunsero quelli di Purpura e di Vizzini, del Questore Arnaldo La Barbera e del Procuratore Grasso.
«Tirando le fila del ragionamento sin qui spiegato – si legge infine a pagina 25 della richiesta – si può affermare che l'uccisione del dott. Falcone venne deliberata, a livello di commissione regionale di cosa nostra, nel corso di una o più riunioni tenutesi nell'autunno del 1991 e che precedettero quella della commissione provinciale palermitana del dicembre del 1991. Proprio la riunione degli "auguri natalizi" del 1991 costituisce il momento in cui gli esponenti di vertice della commissione provinciale di Palermo decretarono la morte (anche) del dott. Falcone e sulla stessa, di seguito, occorre spendere alcune considerazioni per la refluenza che indubbiamente ha in ordine alla posizione dell'odierno indagato Salvuccio Madonia».

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