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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2013 alle ore 15:50.

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Nino De Masi alla trasmissione televisiva Report - C'è chi dice no - 17/04/2011Nino De Masi alla trasmissione televisiva Report - C'è chi dice no - 17/04/2011

Nino De Masi sarà messo sotto scorta dei Carabinieri.
E' questa la prima e immediata risposta dello Stato al cinquantenne imprenditore di Rizziconi (Reggio Calabria), che la scorsa settimana era stato vittima di un episodio di gravissima intimidazione.

Contro il capannone della Global repairs, un'azienda nell'area portuale di Gioia Tauro del Gruppo De Masi – circa 160 dipendenti complessivamente - che si occupa di lavori di riparazione di manutenzione di mezzi portuali erano stati infatti sparati alle 22.30 di venerdi 12 aprile, 44 colpi di Kalashnikov K 47 di provenienza jugoslava.

Altre cartucce inesplose erano state fatte volontariamente trovare accanto a quelle esplose. Un chiaro segnale per l'imprenditore, che ora verrà messo sotto scorta (livello di protezione 3) con una macchina protetta (vale a dire blindata) e un autista delle Forze dell'Ordine ad accompagnarlo e seguirlo come un ombra. Verosimilmente un analogo provvedimento sarà assunto nei confronti dei familiari, secondo quanto filtra dalla Commissione provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica che questa mattina si è riunito a Reggio Calabria alla presenza, tra gli altri, del prefetto Vittorio Piscitelli, del questore Guido Longo e del capo della Procura Federico Cafiero De Raho.

L'attentato di venerdì scorso non è stato casuale: è stato fatto contro il capannone dove il Gruppo De Masi ricovera i container vuoti movimentati nel porto di Gioia Tauro, sulla base di un contratto siglato un mese fa con il terminalista. Nino De Masi – che nel 1987 fu il primo a denunciare e chiudere le attività "per mafia" – non ripeterà il gesto clamoroso di 26 anni fa e non lascerà dunque Gioia Tauro ma ha già comunicato ufficialmente al terminalista che abbandonerà l'esercizio di ricovero dei container vuoti.

Toccherà ora agli investigatori capire cosa c'è sotto quella che – per le modalità e le armi usate – non era un semplice messaggio intimidatorio ma un annuncio di morte perché, evidentemente, De Masi era entrato in un'attività che non doveva competergli.

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