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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2013 alle ore 14:54.

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La fase drammatica della "Solidarietà nazionale"
La mattina in cui Moro viene rapito dalle Brigate rosse, il 16 marzo del 1978, il Parlamento si appresta a votare la fiducia a un nuovo governo Andreotti di solidarietà nazionale, questa volta con il voto favorevole del Pci. Ore drammatiche. Durante le quali il Pci accetta di votare comunque la fiducia malgrado Andreotti abbia rifiutato molte delle sue richieste sulla composizione del governo. Andreotti e Berlinguer in quei difficili mesi interpretano insieme, per ragioni diverse, la linea della fermezza e della ragione di Stato. Con la morte di Moro muore di fatto anche l'operazione politica da lui voluta e governata fino a quel momento da Andreotti, che si dimette nel giugno del 1979 chiudendo definitivamente una fase politica.

L'esperienza alla Farnesina
Gli anni Ottanta vedono ancora una volta Andreotti protagonista come ministro degli Esteri nei governi guidati, ed è la prima volta nella storia repubblicana, dal socialista Bettino Craxi. Rapporti difficili quelli con il leader socialista. Tuttavia la consonanza è più profonda di quello che appare. Forte della sua pluridecennale esperienza di uomo politico, Andreotti favorisce il dialogo fra Usa e Urss. Al di là dei proverbiali scontri con Craxi, nella gestione filoaraba della politica estera Andreotti è in consonanza con il premier socialista, schierandosi con lui nel caso Achille Lauro.

Il tramonto politico e il processo per mafia
L'ultima volta di Andreotti a Palazzo Chigi è dal 1989 al 1992. Ma siamo oramai al crepuscolo della prima repubblica che Andreotti ha tanto contribuito a plasmare. Anche se pochi ancora se ne rendono conto. Sta per scoppiare Tangentopoli. Alle elezioni politiche la Lega sta per eleggere 80 parlamentari. Eppure il Caf progetta organigrammi per ricollocare Craxi a Palazzo Chigi e Andreotti al Quirinale. Nel corso della campagna elettorale la Mafia uccide l'onorevole Salvo Lima, legatissimo ad Andreotti e in rapporti con Cosa Nostra. Poi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Non sfuma solo l'elezione al Quirinale, ma inizia per Andreotti un calvario personale durato più di un decennio. Un processo che inizia con l'autorizzazione a procedere del Senato nel 1993 e si conclude in Cassazione oltre dieci anni dopo, il 15 ottobre del 2004. L'accusa è associazione delinquere. Assoluzione per insufficienza di prove in primo grado. Ma la sentenza di appello, emessa il 2 maggio 2003, distinguendo il giudizio tra i fatti fino al 1980 e quelli successivi, stabilisce che Andreotti ha «commesso» il «reato di partecipazione all'associazione per delinquere» (Cosa Nostra), «concretamente ravvisabile fino alla primavera 1980», reato però «estinto per prescrizione». Per i fatti successivi alla primavera del 1980 Andreotti è invece assolto. La Cassazione conferma la sentenza di appello. Chiaro-scuro, come tutto quello che ha a che fare con Andreotti.

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