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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2013 alle ore 13:58.

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In effetti, Taranto è risparmiata ma per tutto il resto che accade? Per gli stabilimenti Ilva di Novi Ligure e Racconigi che succede? E per tutti gli altri stabilimenti Riva sparsi in Europa? Girano numeri da capogiro: 24mila posti diretti e 40mila con l'indotto che sono pericolosamente in bilico.
Il punto che emerge dalla discussione avvenuta oggi nell'ambito del cda è che Taranto è sì lo stabilimento "salvaguardato" dal sequestro, ma Taranto fa anche parte di un sistema più complesso e articolato. Per molti aspetti interconnesso. E questo sistema oggi è bloccato dal sequestro e quindi lo stesso sito industriale di Taranto rischia di risentirne pesantemente.

Si ferma l'Aia?
Una delle priorità su cui l'ad Bondi stava lavorando era l'attuazione dell'Autorizzazione integrata ambientale, ovvero gli interventi necessari a risanare la fabbrica e ad eliminare le emissioni nocive dell'area a caldo, dove cioè ci sono parchi minerali, cokerie, altiforni e acciaierie che il gip, a luglio, aveva sequestrato senza facoltà d'uso e che poi la legge 231 del 2012 ha reimmesso nella disponibilità dell'Ilva. Gli interventi dell'Aia si reggevano su un impegno finanziario dei Riva e sull'apporto delle banche. Sull'Aia, l'Ilva aveva stimato qualche tempo fa costi per 2 miliardi e 250 milioni, il ministero dell'Ambiente diceva che sarebbero serviti circa 3-3 miliardi e mezzo, i periti dei giudici dicono adesso che ne servono 8. Ma al di là delle cifre "ballerine", è evidente che "ambientalizzare" una fabbrica molto grande come quella di Taranto richiederà molti soldi e un'azione prolungata nel tempo (36 mesi da ottobre 2012 dice l'Aia). Ora è chiaro che nel momento in cui si pongono sotto sequestro mezzi e beni di Riva Fire, l'Ilva rischia di trovarsi a corto d'ossigeno. Sì, l'amministratore del sequestro (l'ex presidente dell'Ordine commercialisti di Taranto, Mario Tagarelli) può consentire lo sblocco delle risorse finalizzate ai progetti dell'Aia, ma in quali tempi e con quali passaggi? Ecco, dopo il sequestro del gip - è stato osservato oggi nel cda dell'Ilva -, gli amministratori hanno la responsabilità dell'azienda ma non i mezzi necessari ad amministrarla. Di qui la decisione di Ferrante, Bondi e De Iure di farsi da parte.

Lunedì a Roma incontro Zanonato-Bondi
È evidente che nelle prossime ore il dossier Ilva si imporrà all'attenzione del Governo. Il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato terrà un primo incontro lunedì a Roma con Enrico Bondi, amministratore delegato della società. Zanonanto ha invitato all'incontro il governatore della Puglia Nichi Vendola e intende coinvolgere nei prossimi giorni anche i sindacati. In una nota
Zanonato fa sapere che «L'annuncio delle dimissioni che il Presidente e l'Amministratore delegato dell'Ilva presenteranno all'Assemblea degli azionisti del prossimo 5 giugno evidenzia la situazione di oggettiva grave difficoltà in cui versa la gestione dell'azienda dopo l'ultima decisione della magistratura di Taranto». Il governo è impegnato a garantire «i due diritti fondamentali alla salute e al lavoro ai cittadini e ai lavoratori di Taranto e degli altri siti produttivi Ilva» e nelle prossime ore avvierà un primo incontro con l'azienda, afferma il ministro.

In passato il Governo ha affrontato il caso Ilva con due leggi: quella sulla bonifica di Taranto, varata ad ottobre, e quella sull'Ilva, approvata a dicembre e poi in aprile dichiarata costituzionale dalla Consulta, la quale ha respinto le eccezioni di incostituzionalità che avevano avanzato i giudici di Taranto.

L'intervento del Governo è sollecitato da subito dal segretario nazionale della Uilm, Rocco Palombella. Ieri, invece, il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, ha chiesto al ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando, e al Garante dell'Aia, Vitaliano Esposito, di attivarsi per l'amministrazione straordinaria dell'azienda, cosa peraltro prevista dalla stessa legge 231 del 2012.

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