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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2013 alle ore 07:58.

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L'accusa compie però un errore logico fondamentale: confondere il tema dell'assetto dei poteri con quello del coordinamento delle politiche. L'assetto dei poteri riguarda il ruolo delle autorità fiscali, cioè politiche, rispetto alla politica monetaria: se le autorità politiche determinano la politica monetaria, gli effetti discorsivi sono quelli che gli «accusatori» della Bce paventano. La dominanza fiscale porta disordine fiscale e disordine monetario. È il caso dell'Italia nel periodo che va dal 1975 al 1981: la Banca d'Italia era obbligata ad agire come acquirente residuale nelle aste dei titoli di Stato. Il Tesoro lo sapeva, quindi era certo di poter collocare l'ammontare di titoli che voleva al costo che più gradiva. Il risultato? Indisciplina fiscale, con deficit e debito pubblico crescente, tassi reali negativi, grandezze monetarie e prezzi fuori controllo.
Quando c'è dominanza fiscale, occorre abbatterla; occorre cambiare l'assetto dei poteri. È il principio che guidò Nino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi, quando abolirono l'obbligo di accomodamento monetario ("il divorzio"). È il principio che ha guidato la costruzione della Bce, a cui è fatto divieto di finanziare gli squilibri fiscali dell'Unione.

Il colesterolo cattivo, in Europa, ha di fronte un antidoto potente: una Bce indipendente. Quindi in Europa non c'è dominanza fiscale: esiste una banca centrale indipendente e dei Paesi sovrani, responsabili delle proprie politiche fiscali. Quindi entra in campo l'altra questione, quella del coordinamento delle politiche. Nei regimi a dominanza fiscale, il tema del coordinamento non esiste, in quanto la politica monetaria è sistematicamente subordinata a quella fiscale, con i disastri prima ricordati. Con l'indipendenza della banca centrale e la definizione del suo obiettivo primario - la stabilità monetaria - diviene fondamentale la scelta di obiettivi e strumenti intermedi.
La banca centrale deve capire di volta in volta quale è la politica ottimale; se una banca centrale indipendente assume un atteggiamento sempre e comunque intransigente, si cade nella «dominanza monetaria», che può essere altrettanto tossica. Possibili punti di svolta della politica fiscale possono diventare occasione di crisi irreversibili, che finiscono per distruggere anche la moneta.
Occorre provare ad incentivare i comportamenti fiscalmente corretti, senza derogare dalla disciplina monetaria. È quello che fece la Banca d'Italia di Ciampi, che accompagnò la riforma del "divorzio" con una politica di progressivo abbandono dell'accondiscendenza monetaria. Tornò la disciplina monetaria, ed inizialmente anche quella fiscale.

Con un insegnamento di fondo: una banca centrale indipendente può far ritornare la stabilità monetaria, può «comprare tempo» per il riassetto fiscale, ma se le regole fiscali e gli attori continuano a deviare, gli squilibri fiscali torneranno. Le analogie con la Bce sono lampanti. La Bce sta difendendo con successo la stabilità monetaria, ha ribadito che non c'è e non ci sarà alcuna dominanza fiscale - anche con le parole di ieri di Draghi - ha evitato la crisi finanziaria ed ha «comprato tempo» a favore dell'Unione e dei governi nazionali. Questo è stato pienamente compreso dalle voci più lungimiranti dell'opinione pubblica tedesca, come la Cancelliera Merkel, che deve fare anche i conti con le imminenti elezioni a settembre. Ma occorrono azioni decise e coerenti sul piano della disciplina fiscale, le cui regole europee vanno riformate, e sulle quello delle scelte dei governi, soprattutto quelli tradizionalmente indisciplinati. Altrimenti il fuoco incrociato di incoscienti e ipocondriaci una vittima rischia di farla sul serio: l'euro.

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