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Questo articolo è stato pubblicato il 09 luglio 2013 alle ore 06:40.

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ROMA
Un elenco dei mali che rendono «quasi eroico» il mestiere dell'imprenditore: «Fisco, giustizia, burocrazia: tutto da riformare e mi fermo qui per carità di patria, cui vogliamo sempre bene». Giorgio Squinzi la luce in fondo al tunnel non la vede: «L'ho definita un lumicino, determinato dall'economia internazionale. Abbiamo toccato il fondo, un minimo di ripresa la vedremo, ma non basta a creare occupazione». Serve un cambio di passo per colmare i nostri squilibri: «Sono noti: grande debito, bassa crescita, erosione progressiva della competitività». Ma, aggiunge il presidente di Confindustria, «il nostro difetto più pericoloso è una propensione quasi naturale a conservare lo status quo. Aggrapparsi ad un precario presente in attesa del passato è un atteggiamento suicida». Ed ha esortato la platea degli industriali di Torino, dove ha parlato ieri, seduto accanto all'ad della Fiat, Sergio Marchionne: «Dobbiamo avere la forza e il coraggio di archiviare il passato. Il mondo nuovo apre opportunità insospettabili per le nostre virtù produttive».
Ma anche il Governo deve fare la propria parte: «L'Italia ha bisogno di un cambio di passo se non vuole essere estromessa dalla competizione internazionale». Alcuni risultati, «anche se ancora timidi e non con la velocità che vorremmo noi», Squinzi li ha «visti e apprezzati». Il decreto del fare, il provvedimento sul lavoro, la semplificazione, la nuova Sabatini sono «buoni segnali, non risolutivi ma da incoraggiare». Serve però uno scatto «d'orgoglio e di proposte». A dirlo, Squinzi è andato ieri mattina in piazza Affari, a Milano, alla seconda "Giornata della collera": «La condivido come Confindustria, imprenditore e cittadino. Abbiamo il diritto di protestare contro le vessazioni che affliggono il mondo delle costruzioni e il manifatturiero; ci impediscono di ripartire le complicazioni burocratiche. Abbiamo presentato il pacchetto semplificazione che è stato recepito dal Governo, anche se il cammino è molto lungo. Abbiamo bisogno di un Paese normale». All'estero è differente: «Gli imprenditori sono quasi coccolati dalle istituzioni, da noi la prima cosa che accoglie l'investitore che porta occupazione è un comitato civico contro».
Serve il dialogo. Squinzi lo ha ripetuto annunciando l'invito a cena per questa sera rivolto ai presidenti di Camera, Senato e delle commissioni parlamentari. È la prima volta che da Confindustria parte un'iniziativa del genere. «Le nostre non sono mai cene succulente perché siamo in un momento di spending review. Ci aspettiamo un colloquio aperto, in cui faremo presenti le nostre aspettative».
Il Paese ha un gran bisogno di «real politik, e ciò richiede istituzioni salde, buona politica e governo, senza fermarsi alle convenienze elettorali di parte». Come priorità Squinzi ha indicato il pagamento dei debiti della Pa e una riduzione di almeno 10 punti del costo del lavoro, temi che vengono prima di Imu e Iva. E sull'eventualità di sostituire il ministro dell'Economia, ha commentato: «Stimo Saccomanni, è un tecnico di altissima levatura, se dipendesse da me direi di no», aggiungendo comunque di non voler entrare in questioni politiche.
Per rimettere al centro il manifatturiero Confindustria presenterà a breve un progetto di industrial compact europeo da consegnare al Governo e alla Ue. «Il semestre europeo italiano nel 2014 crediamo debba essere consacrato all'obiettivo di ritrovare il 20% del Pil prodotto dall'industria». Un'Unione europea incerta sull'integrazione politica ed economica, ha aggiunto, «ha penalizzato i Paesi più deboli come il nostro e si è chiusa in un ostinato quanto dannoso rigorismo».
L'assemblea di Torino è stata l'occasione anche per un pranzo di lavoro di Squinzi con le istituzioni locali, il ministro dello Sviluppo e Marchionne. «Il rapporto personale è ottimo. Non stiamo parlando di rientro in Confindustria, deciderà autonomamente, noi non eserciteremo pressioni, non forziamo nessuno». Ed ha commentato il pronunciamento della Consulta sulle Rsa: «Nel patto sulla rappresentanza credo ci sia la possibilità per il futuro di evitare questo tipo di sentenze».
Infine, all'assemblea degli industriali di Pistoia che si è tenuta all'Ansaldo Breda, un riferimento a Finmeccanica: «Molti dei problemi vengono creati anche artificiosamente dai concorrenti internazionali che ne temono la capacità e le competenze».
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Tutti i principali indicatori mettono in luce come in Italia sia sempre più difficile fare impresa. Secondo la classifica della World Bank - Doing Business, Roma è al 73° posto dopo tutti i principali partner europei, superata di poco anche dalla Romania.
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