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Questo articolo è stato pubblicato il 24 luglio 2013 alle ore 17:56.
Insomma, è un altro mondo. Sia chiaro, non che questo sia il Paradiso, anzi, ma almeno barare è molto più difficile. Non a caso la Commissione d'inchiesta del Senato francese ha chiesto alle varie federazioni sportive i nomi da abbinare ai numeri in codice. Per verificare con i nuovi metodi quali corridori, tra quelli testati nel '98, risultano positivi all'epo. Nel 98 questi controlli non erano possibili. Solo nel 2004, dalle Olimpiadi di Sidney, è stato possibile rilevare l'epo. Va anche fatto notare che solo l'Unione ciclistica ha fornito la lista dei nomi. Le altre federazioni, quella del calcio e del rugby, si sono ben guardate dal farlo. E anche su questo bisognerebbe farsi delle domande e darsi delle risposte. Perché il ciclismo, alla fine, i suoi scheletri negli armadi se li va a cercare. E anche con un certo zelo. In altri sport, atletica a parte, abbiamo molti dubbi.
La commissione del Senato francese ha rimarcato altre cose che meriterebbero una maggiore riflessione: "Abbiamo notato come calendari sovraccarichi di appuntamenti favoriscano il ricorso al doping e quindi inviteremo le federazioni a riflettere su questo argomento, ha detto il relatore , Jean-Jacques Lozach invitando a una riforma delle sanzioni: "Proponiamo che a comminarle non siano più le Federazioni, ma la AFLD. Per tutto e per tutti. E bisogna favorire la cooperazione degli sportivi per ricostruire le filiere del doping"
Parole chiare. Troppi appuntamenti sportivi favoriscono infatti il ricorso al doping. Gli ingaggi fanno gola a tutti e non si può mantenersi sempre al top. Ma il mondo dello sport, e non solo quello del ciclismo, è disposto a fare dei passi indietro? Dubitiamo assai. Il business è il business. Figuriamoci nell'epoca della globalizzazione (del doping).
Tornando al ciclismo, bisogna anche trovare un punto di svolta. La storia dei sospetti, soprattutto retrospettivi, non finirà mai di ammorbare questo sport fino a quando non si metterà un punto definitivo di svolta. Una linea netta. Le inchieste giudiziarie hanno fatto chiarezza. Purtroppo per quasi 20 anni si è corso barando. E' chiaro. Lo hanno detto i corridori, alcuni pagando di persona. Avrebbero potuto farlo prima, certo, ma questo è quello che è successo, e forse non ne ha colpa solo chi pedalava, ma anche i dirigenti, giornalisti, gli stessi tifosi che, pur di veder vincere i loro idoli, hanno chiuso occhi e orecchie e quant'altro.
Un passato da incubo, che bisogna chiudere. Con una moratoria. Una commissione mondiale di riconciliazione. Chamiamatela come volete. Lo si è fatto per le guerre civili, per le pagine più tristi e sanguinose della storia. Facciamolo anche per questo sport. Per dargli un futuro. Per poter credere ancora che Froome, questo Tour del 2013, l'abbia vinto in modo davvero pulito.
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