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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2013 alle ore 06:42.

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L'ambasciata italiana, capeggiata da uno dei nostri migliori diplomatici, è ormai il principale riferimento occidentale a Tripoli, nonostante la sede, come altre, sia stata bersagliata da un attentato, e rimane l'unica rappresentanza europea aperta per emettere visti Schenghen. Non solo. Come ha promesso il presidente del consiglio Enrico Letta durante la visita in Italia del premier Alì Zeidan il 4 luglio scorso, il Governo ha inviato una missione di alto livello sul posto per avviare un programma destinato al disarmo delle milizie, il punto cruciale della situazione: le bande armate tengono sotto scacco i governi civili e la popolazione mentre le forze nazionali sono troppo deboli per imporsi.
Non ci sono alternative: o si comincia a fare qualche cosa davvero o la Libia rischia di sprofondare nell'anarchia. La stessa missione europea per monitorare i confini deve darsi degli obiettivi concreti e non restare confinata nella capitale: altrimenti a che serve? Le frontiere libiche sono un immenso colabrodo: verso l'Egitto il confine è stato chiuso quando c'è stata l'evasione di massa dal carcere di Bengasi ma andare dall'altra parte non è certo un problema per islamisti e guerriglieri. Tra l'altro proprio qui Al Qaida resta ancora forte e presente.
A Sud, verso il cuore dell'Africa, continuano a imperversare le bande armate, anche quelle legate ad Al Qaida nel Maghreb che hanno infiammato il Mali e attaccato i campi petroliferi e del gas in Algeria ad Ain Amenas. A Ovest la Tunisia, sempre amaramente in fondo alla lista dei Paesi arabi da aiutare, ha tutto da temere da una frontiera dove trovano appoggio logistico e ideologico i gruppi salafiti che hanno fatto fuori in sei mesi due importanti uomini politici.
L'Italia può fare molto ma non prendersi in carico la Libia: dov'è la Nato? Questa organizzazione militare intervenuta su spinta dei francesi per abbattere Gheddafi sembra un ectoplasma sulla sponda Sud, in quel braccio di mare strategico diventato la tomba di migliaia di migranti e di disperati. L'Alleanza atalantica sta prendendo nuovi impegni nel lontano Afghanistan ma poco fa nel cortile di casa, o forse c'è qualcuno in Europa, come la Germania e i Paesi del Nord, che pensa al Mediterraneo come a un estero remoto nel quale soltanto l'Egitto merita una certa attenzione?
«Tutto sarà meglio di Gheddafi», sosteneva Bernard Henry Levy quando convinse Sarkozy a bombardare Gheddafi, cosa che non gli è ancora riuscita con Hollande in Siria: ma ora lo stesso ineffabile intellettuale è stato dichiarato a Tripoli persona non grata per le sue origini ebraiche.
L'impressione è che l'Europa, dopo l'intervento militare in Libia e il sostegno in ordine sparso ai ribelli siriani, sia stata colta sguarnita di iniziative e di idee: la controprimavera araba ci può costare un pericoloso contropiede, e sulla sponda libica è già stato segnato un clamoroso autogol.

A PAGINA 23
La Libia pesa sui conti Eni
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