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Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2013 alle ore 12:00.

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Dalla Siria al Libano in cerca di libertà: la storia del piccolo Sajed fuggito dalla guerra - Foto

«L'ordinaria amministrazione». Emergenza siriana a parte, in Libano si lavora. E parecchio. «Siamo impegnati su diversi fronti - spiega Marco Perini - tra cui quello agroalimentare. Stiamo lavorando nel Sud del Libano, al confine con Israele, per bonificare la seconda area agricola del Paese per importanza, riportando l'acqua dopo che le guerre e l'incuria avevano reso improduttiva una terra che oggi vale qualche milione di euro». L'Italia è tra i primi partner commerciali del Libano e i legami sono stretti. La dimostrazione arriva anche dal progetto «per combattere una malattia che rischia di compromettere le coltivazioni di mandorle e pesche. È un'azione sul campo condotta in collaborazione con le università di Milano e di Torino - racconta Perini - e che ha un aspetto importante di prevenzione per l'Italia, riducendo il rischio che la malattia possa arrivare nel nostro Paese». Poi c'è il fronte sociale: all'intervento sulla scolarizzazione si aggiunge «la formazione professionale di 100 assistenti sociali e 100 insegnanti libanesi» spiega il responsabile di Avsi per il Libano.

Tensione costante. Meno di un mese fa un'autobomba è esplosa davanti a un centro commerciale nel quartiere controllato da Hezbollah. Poteva essere una strage, invece l'ordigno ha fatto "solo" dei feriti. Si è parlato di risposta al sostegno dato dalle milizie di Hezbollah al regime di Bashar Al Assad. La vicinissa guerra siriana è un potenziale fattore destabilizzante, in un contesto, quello libanese «dove più che mai si continua a praticare la convivenza - sottolinea Marco Perini - convivenza che non è solo tra cristiani e musulmani, ma anche tra sciiti e sunniti. È un equilibrio fragile, che il conflitto siriano ha già più volte rischiato di far vacillare con autobombe e attentati».

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