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Questo articolo è stato pubblicato il 11 agosto 2013 alle ore 08:22.

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«Siamo ancora al tempo zero – nota l'economista di Tor Vergata ed ex Fondo Monetario Internazionale, Nicola Rossi – soltanto una piccola impresa non quotata, la torinese Caar, ha emesso un mini-bond. L'importante è che, qualora nascesse veramente, nel mercato siano presenti dei veicoli non squisitamente bancari. Se gli istituti vogliono partecipare, è bene che restino in posizioni di minoranza e con una governance che eviti i conflitti di interesse con la loro attività ordinaria. Il mercato dei mini-bond, se davvero si formerà, avrà senso in quanto canale di finanziamento non bancario con cui coprire il fabbisogno delle imprese italiane, facendo affluire nel nostro sistema industriale capitali che non potranno che essere soprattutto stranieri».

Una posizione non del tutto condivisa da Giovanni Ferri, economista della Lumsa, ex World Bank e studioso delle banche di territorio: «In un momento tanto complesso si potrebbe anche accettare che le banche partecipassero a questi veicoli, addirittura costruendone di propri. L'importante è che questo mercato, per ora abbozzato, divenga una realtà con cui contrastare l'asfissia finanziaria delle imprese, soprattutto piccole e medie. Convogliando, proprio attraverso i mini-bond, il denaro a bassissimo costo messo a disposizione dalla Bce che, oggi, gli istituti di credito preferiscono invece usare per fare trading».
Al di là dei diversi punti di vista degli osservatori, per chi tutti i giorni sta in fabbrica e nei laboratori artigiani appare sempre più vitale trovare un'alternativa al credito bancario. Questo vale per le Pmi non quotate, ma anche per le Pmi che hanno già compiuto una scelta poco ortodossa (per la mentalità italiana) quale l'accesso a un qualche listino azionario. Per esempio la società di Modena, specializzata in web marketing, Primi sui Motori, che si trova sul listino dell'Aim Italia e che, giovedi, ha quotato sull'Extramot Pro (il segmento di Borsa Italiana riservato ai mini-bond) un mini-bond da 1,68 milioni di euro, prima tranche di una operazione da 3 milioni di euro che, con la consulenza di KT&Partner e Integrae Sim, si ultimerà dopo la metà di settembre. L'anno scorso Primi sui Motori ha fatturato 10 milioni di euro.

Negli ultimi mesi ha compiuto tre acquisizioni. Con l'aumento dell'attività e l'aggregazione dei fatturati, quest'anno il giro d'affari dovrebbe salire oltre i 15 milioni. Un valore conseguito con un preciso core business: fare in modo che il sito dei suoi clienti compaia sulla prima pagina, o almeno "molto in alto", dei motori di ricerca internazionali. «Finora la crescita – spiega Alessandro Reggiani, presidente e amministratore delegato – è avvenuta comprando aziende carta contro carta. I tre milioni ottenuti con il mini-bond dovrebbero servire a fare compiere un salto di qualità al profilo commerciale e industriale della nostra società».

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