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Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2013 alle ore 08:16.

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Gli assediati avrebbero sparato dal minareto di al-Fath. Vero o falso, è stato quello che gli assedianti volevano per entrare nella moschea. Come in una battaglia medievale, gli islamisti si sono barricati dentro il minareto, resistendo fino a che i lacrimogeni non li hanno quasi soffocati. Il resoconto ufficiale, quello del governo, racconta di una resa e di molti arresti, oltre al migliaio di fermati il giorno prima (250 dei quali accusati di terrorismo, omicidio e tentato omicidio). Non di vittime. Lo scontro di al-Fath non è stato casuale: era stato preparato dai fratelli musulmani e anticipato dai militari. Gli attivisti si erano impadroniti della moschea perché avrebbe dovuto essere il presidio di ieri della fratellanza che aveva annunciato sette giorni di manifestazioni: quella di sabato doveva essere questa. Le forze dell'ordine l'hanno impedita, presidiando tutte le moschee e i luoghi pubblici della città che potrebbero trasformarsi in campi di battaglia.
È la prima vittoria strategica dei militari dopo molti successi tattici della fratellanza. Al-Sisi e il governo provvisorio che ha insediato, diventandone vicepresidente e ministro della Difesa, sanno di avere pochi giorni prima che la pressione internazionale diventi insostenibile. Il vertice dell'Unione europea di lunedì, è decisivo. Se riescono a impedire grandi concentramenti di islamisti e a contenere le vittime, incomincerà nella comunità internazionale una assuefazione generale: il sogno di ogni golpista e dei governi stranieri che in questo modo non sono più costretti a prendere decisioni pericolose. In qualche modo il Cairo ha già incominciato ad assuefarsi.
Le forze armate egiziane sono numericamente le più potenti della regione ma il gigante ha piedi d'argilla. L'addestramento delle truppe e l'armamento sono da guerra convenzionale. Gli egiziani hanno continuato ad esercitarsi a una improbabile grande guerra arabo-israeliana: caccia-bombardieri F16, divisioni corazzate. Intanto nel Sinai, sempre più incontrollabile, il nemico è una insurgenza islamica che si allea con i beduini. Come hanno dimostrato i cecchini e le raffiche ad alzo zero di questi giorni, il generale al-Sisi - che è anche capo di stato maggiore delle forze armate - aveva impegnato i suoi soldati in un golpe senza averli prima addestrati nel controllo delle folle nella città più abitata del Medio Oriente. Politicamente forse Abdel Fattah al-Sisi diventerà il De Gaulle d'Egitto ma non sarà mai un grande generale.
La strategia militare avanza parallela a quella del governo. Ieri il presidente Adly Mansour aveva convocato una conferenza stampa: il primo gesto di glasnost dopo giorni di bugie e propaganda. Per non sbagliare, il presidente provvisorio ha poi mandato un suo portavoce a parlare con i giornalisti. Fra le tante mistificazioni - «le forze dell'ordine hanno esercitato il massimo autocontrollo» -, la notizia vera è la conferma dell'obiettivo del golpe che i militari avevano in mente dal 3 di luglio, quando fu estromesso e arrestato il presidente Mohamed Morsi: mettere fuori legge i Fratelli musulmani.
Il movimento, non il suo partito Libertà e giustizia. Ma il partito è così dipendente da Mohamed Badie, la guida spirituale della fratellanza, che la sua esclusione dal panorama politico egiziano è implicita. Della mediocre tenuta di Morsi, delle mancate promesse di essere inclusivi dopo la vittoria elettorale, Badie è probabilmente il principale responsabile. Tardivamente, poco tempo fa, il movimento si era registrato fra le organizzazioni non governative: lo prevedeva la legge. Ma diversamente dalle altre, ha continuato ad essere una specie di setta segreta della quale non si sapeva nulla, a cominciare dai sostegni economici e dai bilanci.
Anche ieri sera è scattato il coprifuoco. Le 19 è l'ora in cui il Cairo incomincia a vivere la parte notturna della sua giornata: normalmente la città si ferma solo fra le tre e le cinque del mattino. Il silenzio di ieri sera non era usuale. Ma tendendo le orecchie si sentivano i clacson e i motori delle auto. E guardando con più attenzione, non su tutti i marciapiedi i narghilè avevano smesso di ribollire e fumare. È il rumore del Cairo che nessun coprifuoco può fermare del tutto. Domani si vedrà.
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