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Questo articolo è stato pubblicato il 18 agosto 2013 alle ore 15:56.

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La videointervista di Napolitano al  Meeting di Rimini (testo integrale)

Quindi, è chiaro che ha una parte anche la tecnica istituzionale, la tecnica giuridica e, naturalmente, le tecniche delle politiche di bilancio e delle politiche economiche ma ci vuole – ripeto – un forte senso della propria missione come "Europa" in un mondo che cambia radicalmente e che non può perdere il contributo proprio della storia europea e della cultura europea.

D. Oggi chi sta costruendo Europa? Dove lei vede, se li vede, i segni di un cammino che è ripreso o che continua in modo sereno, importante nel senso delle parole che dicevamo prima?

Presidente Io penso che costruiscano l'Europa, oggi, tutti i giovani che si incontrano, tutti i giovani che si riconoscono come europei e non più soltanto come italiani, tedeschi, spagnoli e così via. Non è un omaggio retorico ai giovani in quanto tali ma se si pensa a ciò che ha rappresentato il programma Erasmus si è veramente sbalorditi di quanto abbia contribuito ad avvicinare, a far comprendere reciprocamente anche linguisticamente e nel costume, nelle aspettative, negli atteggiamenti. Ed è lì che si costruisce l'Europa. Si costruisce l'Europa nei grandi centri di ricerca scientifica europei: ho visitato il CERN di Ginevra, ho visitato il Centro di Tecnologie Nucleari nei pressi dell'Aja, in Olanda. Ci sono in ciascuno di questi Centri centinaia e centinaia, anche oltre il migliaio, di ricercatori e di ricercatrici molto giovani che lavorano insieme, che aprono insieme le vie del futuro, non soltanto per il nostro continente, e tendono a riaffermare, non dirò il primato, ma certamente posizioni di avanguardia della cultura e della scienza europea.

Penso che si costruisca "Europa" anche in paesi che sono usciti da fasi molto difficili, innanzitutto i paesi dell'Europa balcanica che sono usciti da una terribile e spaventosa guerra fratricida, orrori che sono stati ricordati anche di recente in tristissimi anniversari come quello di Srebrenica. Il fatto che questi paesi oggi abbiano come obiettivo comune entrare in Europa, alcuni sono già riusciti a realizzare l'obiettivo, la Slovenia e la Croazia, altri bussano alla porta e bisogna socchiudere e poi aprire la porta dell'Europa anche a loro: questi costruiscono "Europa". Anche un paese, un importantissimo paese della storia europea e dell'Europa centrale, che è la Polonia - che a lungo ha portato con sé il condizionamento di un duro passato che aveva poi anche sviluppato dei complessi di antitesi radicale alla Germania e alla Russia e, direi, perfino al popolo tedesco e al popolo russo - oggi la vediamo all'avanguardia del processo di integrazione europea, guidata da uomini che hanno recuperato e che portano avanti l'esperienza straordinaria di Solidarność. Qui si costruisce "Europa".

D. Tornando al tema dei giovani, che ha già toccato Presidente, per loro è evidente che è sempre più naturale viaggiare, studiare, fare, stringere amicizie e rapporti in questa dimensione Europa. Ci sono persone che vedono in questo un affievolirsi di un sentimento nazionale e , quindi, vedono un po' questo fenomeno con timore; per altri, invece, soprattutto per le fasce di ricercatori, di giovani impegnati nella ricerca scientifica si associa questo fenomeno alla famosa espressione "la fuga dei cervelli". Lei, come considera questa che potrebbe essere, invece, un senso nuovo di cittadinanza europea?

Presidente Io considero assurdo avere timore di questi processi. Ritengo che questi giovani costruiscono un futuro per sé e per l'Europa anche uscendo dai confini storici delle proprie antiche nazioni, lavorando insieme. Bisogna non solo formarsi insieme, bisogna anche creare degli spazi di ricerca e di occupazione in comune. Io non tratterrei mai un giovane dall'andare a studiare o fare ricerca fuori d'Italia, convinto che tra l'altro la sua ambizione sia poi di tornare in Italia arricchito da questa esperienza che ha fatto. Non vedo in questo nessuno elemento di smarrimento dell'identità nazionale che non si cancella ma si integra nell'identità europea. Essere europei non significa cessare di essere italiani, spagnoli, francesi o tedeschi, significa sublimare le proprie storie e vocazioni nazionali.

D. Il titolo del Meeting è "Emergenza Uomo", lo dicevamo prima. Ha una sua evocazione personale questo titolo, ha un suo commento su questo tema?

Presidente Io credo che l'emergenza che viviamo da questo punto di vista è quella di una grave, grave forma di impoverimento spirituale, culturale, di motivazioni umane, di motivazioni non legate soltanto all'immediato interesse materiale. Chi può reagire a ciò? Può reagire la cultura, possono reagire certamente le istituzioni più di quanto non facciano. Possono reagire i sistemi educativi, può reagire molto di più di quanto non faccia il sistema di informazione e possono molto contribuire le grandi organizzazioni sociali comprese quelle ispirate ad una fede religiosa. In questo senso il contributo che viene ai più alti livelli dalla Chiesa cattolica è un contributo che soltanto dei ciechi possono non vedere.

La ringrazio Presidente e in questo ringraziamento le porto tutto l'abbraccio del popolo del Meeting

Presidente Grazie a lei, molti auguri.

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