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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2013 alle ore 07:37.

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b) Germogli resistenti
L'Europa è stanca ed affaticata ma il suo campo non è deserto. Alcuni germogli vitali tenacemente resistono. Recenti inchieste ci dicono che in Europa si riconosce in una fede religiosa ancora il 71% della popolazione.
Conformemente ad una delle caratteristiche proprie del postmoderno, anche l'esperienza religiosa però tende a caratterizzarsi in modo spiccatamente individuale. Negli ultimi decenni una parte rilevante della popolazione europea non trova nelle istituzioni religiose storiche una risposta adeguata ai propri bisogni spirituali, che pure permangono. La gente infatti sembra non rinunciare a ricercare un senso anche religioso della propria esistenza. Tra coloro che frequentano ancora le chiese e coloro che hanno preso le distanze da esse, c'è una zona intermedia che va attentamente presa in considerazione.
A questo dato ne va aggiunto un altro non meno significativo: nella nostra cultura permane ancora una spinta inequivocabile a "fare famiglia". La famiglia resta sempre ai primi posti nella graduatoria in Europa, come emerge anche dalla Quarta indagine del 2009 sui valori degli europei.
c) Speranza, virtù bambina
Di fronte a questa domanda religiosa, dobbiamo guardarci dal porre in alternativa minoranze creative e cattolicesimo di popolo. L'obiettivo a cui puntare non è tanto una presenza minima creativa, quanto l'essere "nuove creature", assumendo e sviluppando tutte le dimensioni dell'uomo nuovo senza temere il futuro. La responsabilità della fede ci domanda di generare una realtà umana nuova, presente in tutti gli ambiti in cui l'uomo vive, spera e progetta il suo domani.
In questa prospettiva i nuovi orientamenti della società plurale sono da considerare, più che una minaccia, una opportunità per annunciare il Vangelo dell'umano. In questo modo intende guardarli la Chiesa ambrosiana.
I cristiani sono "operai" nel campo del mondo. Sono presi a servizio dal Seminatore e cercano, al di là dei loro limiti e peccati, di favorire la crescita del buon grano. Vedono, anzitutto in se stessi, la zizzania ma confidano nella longanimità del Seminatore. Con realismo non chiamano bene il male e viceversa, perché toccano ogni giorno con mano la commossa cura di un Padre che, ponendo loro dolcemente una mano sotto il mento, rialza il loro sguardo e lo avvicina allo sguardo di Cristo. Lo sguardo di amore dell'Innocente crocifisso. Uno sguardo vivo, una presenza reale. Per questo sono convinto che Milano ha futuro, ha la sua originale parola da dire al Paese, nel cammino dei popoli non solo europei. Forse per il momento la sua voce è solo un balbettio, ma la speranza non è – come diceva Charles Péguy – la "virtù bambina"?

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