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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2013 alle ore 06:44.

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L'incertezza delle primissime ore accreditava un'esemplificazione agghiacciante. A Madistone in Kent, opulenta contea dell'Inghilterra meridionale, un diciannovenne italiano era stato assassinato per una lite di lavoro. Anzi, in seguito alla lite per un posto di lavoro.
An italian life for a British job, era stata l'immediata associazione ideale, collegando con un unico filo rosso la tragedia di Joele Leotta con il dramma degli italiani della raffineria Total di Lindsey, nel 2009 al centro di una querelle con i sindacati britannici decisi a difendere l'occupazione locale - British jobs appunto- contro l'"invasione" di lavoratori dal sud e dall'est d'Europa. Pensiero presto cancellato, nonostante i mille dubbi di queste ore alimentati dal riserbo assoluto degli investigatori britannici, espliciti nell'escludere il movente razziale. Si sa solo, con sicurezza, che Joele è stato picchiato a morte nell'abitazione di Madistone dove risiedeva da pochi giorni, sbarcato com'era da Lecco nel Regno di Elisabetta ai primi di ottobre per lavorare e imparare l'inglese. Nove persone, conferma la polizia, sono coinvolte nell'omicidio, sette sono in arresto, due rilasciate su cauzione. Nessuno è - con forse una sola eccezione - cittadino inglese, tutti sono però europei e si dice dell'est.
Polacchi, lituani, bulgari, rumeni, le cittadinanze rotolano fra i sussurri di una corsa al ribasso che condanna chi più di altri poteva essere alla ricerca di un lavoro. Vittime di un pensiero debole? Forse. Così, anche per questo, l'ipotesi non confermata che all'origine dell'assassinio ci sia la lite per un posto di lavoro... rubato, è riemersa. Come dire: non sono inglesi, non c'è nulla di razziale, ma Joele è caduto sotto i colpi innescati dalla disperazione, ucciso dalla follia figlia della crisi. Uno scenario terrificante, peggiore del l'immaginata - assolutamente smentita - idea di un atto firmato da una banda di "british supremacists".
L'indagine ci dirà se Joele è davvero una vittima per il lavoro o vittima di un atto di quotidiana violenza. Resta sullo sfondo una vita strappata a 19 anni, bruciata nell'istante coraggioso di un'emigrazione in cerca di fortuna anche se oggi ci ostiniamo a chiamarla "opportunità", una drammatica considerazione.
Non si sa con certezza, lo ricordiamo, da quale fonte la notizia dell'assassinio di Joele sia stata inizialmente associata a una lite per un lavoro rubato, ma dobbiamo riconoscere tutti che ci è parsa ipotesi possibile. Omicidio con l'aggravante del furto di lavoro, o qualcosa di altrettanto surreale, non previsto, crediamo, da alcun codice penale. La crisi, o meglio le mancate risposte alla crisi, hanno prodotto in tutti noi meccanismi mentali che contemplano scenari del genere. Lo ripetiamo, solo l'indagine dirà se l'effetto perverso della lunga notte cominciata nell'autunno di cinque anni fa ha agito sulla testa malata di una banda di disperati a spasso per il Kent e andati a sbattere contro i sogni di Joele, o se invece ha agito sulla nostra capacità di elaborare le ragioni di un omicidio.
Qualunque sia la verità, la tragedia di Joele innesca altre considerazioni e altrettante riflessioni. Fra esse la conferma che la Gran Bretagna, più lesta di altri partner Ue ad uscire dalla crisi, è la terra promessa di generazioni intere. Non si contano più gli italiani a Londra. No, non ci riferiamo ai banchieri, ma a studenti, fornai, camerieri, falegnami, impiegati, baristi... un mondo che cresce. E non è fenomeno esclusivo italiano, del sud o dell'est d'Europa: le spinte da tutta l'Unione si moltiplicano sui confini del Regno. Resta i francesi, ad esempio, la prima nazionalità comunitaria nella capitale britannica. Londra ha capacità unica di creare sogni e alimentare la speranza di una vita migliore, nessun'altra metropoli, nessun altro Stato della Ue è in grado di esercitare lo stesso fascino. Un magnete che ha attratto anche Joele e per ragioni non del tutto dissimili scatenato i suoi assassini.
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