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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2014 alle ore 16:37.
L'ultima modifica è del 28 gennaio 2014 alle ore 22:16.

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Con l’etichetta tutto più semplice
Per rimediare agli ormai acclarati difetti del sistema di controllo delle emissioni ad effetto clima, messo in campo dall’Unione Europea con tutto il suo carico di discriminazioni e inefficacia, il gruppo di esperti propone in pratica di cancellare lo schema Ets fondato sui meccanismi di cap and trade adottato quasi vent’anni fa. La linea guida e anche qui, o per meglio dire innanzitutto qui, è quella di trasferire il sistema di penalizzazione economica dei prodotti e dei servizi inquinanti direttamente a monte, assegnandolo al produttore o a chi commercializza. Il meccanismo si fonderebbe sulla nuova ”etichetta”. Ciò produrrebbe, al di là dell’indubbia semplificazione che deriva dall’assegnazione di una componente aggiuntiva di prezzo direttamente all’origine, due intuibili vantaggi.

I consumatori potrebbero “orientare le proprie scelte anche in base al minore o maggiore contenuto carbonico del bene ad acquistare a fronte di un’informazione accurate trasparente” mentre le imprese potrebbero comunque ”porre in atto politiche di marketing centrate sull’ambiente. Il meccanismo economico ipotizzato dagli esperti prevede una prima soluzione operativa. Con l’istituzione di un’imposta sul carbonio aggiunto, ICA, “che con un meccanismo simile a quello dell’Iva non rappresenti un costo aggiuntivo per gli operatori della filiera produttiva ma solo per il consumatore finale”.

Premi a chi ricicla
Tre i principi fissati dagli esperti per una più corretta gestione dei rifiuti urbani. Primo principio: “attribuire i costi di gestione dei rifiuti ai soggetti che immettono sul mercato” prodotti che potenzialmente li generano. Secondo principio: caricare il contributo ambientale sul prezzo del prodotto venduto per coprire sin dall’inizio i costi per il loro recupero a fine vita incentivandone appunto il riciclo e richiuso oltre allo smaltimento. Terzo principio: introdurre “meccanismi economici per incentivare la partecipazione attiva dei cittadini e delle comunità locali alla riduzione dei rifiuti massimizzando la raccolta differenziata”, evidentemente con premi economici diretti.

Abusi con tagliola fiscale
Per la riqualificazione edilizia infine gli esperti chiamati a raccolta dall’Enea azzardano una disciplina coercitiva e un po’ militaresca, che rappresenta comunque un utile provocazione. Premessa: gli attuali obblighi di demolizione, teoricamente rigidi e ultimativi, in pratica non funzionano, impelagati in lungaggini amministrative e incertezza del diritto. Per non parlare delle risorse economiche che devono essere mobilitate negli abbattimenti coatti, largamente insufficienti. Ecco dunque l’idea di assegnare temporaneamente di immobili abusivi pesanti imposte per finanziare il sistema di sanzione e demolizione, e poi di riqualificazione edilizia dell’esistente (innanzitutto del patrimonio pubblico), “senza che ciò in alcun modo rappresenti – si insiste - una sanatoria dell’abuso stesso”.

L’ipotesi operativa? “Ferme restando le responsabilità penali in carico al responsabile dell’attività abusiva”, tra la scadenza del termine di 90 giorni per la demolizione e fino ad un massimo di cinque anni, al trasgressore sono “applicate tutte le imposte che a vario titolo insistono sugli immobili per un importo tale da renderle pari a 10 volte l’imposta che avrebbe dovuto essere pagata per un immobile in regola di analoghe caratteristiche, fino all'adempimento dell'obbligo di demolizione”. Stessa logica per le opere costruite in parziale difformità dal permesso di costruire  e nel caso di manufatti per i quali l'abbattimento è tecnicamente impossibile, “ per i quali potrebbe essere applicata una sanzione più elevata di quella attuale” come un raddoppio.

“I fondi ricavati dall'applicazione delle sanzioni così introdotte dovrebbero essere destinati per il 40% ad un Fondo per la riqualificazione antisismica degli edifici, per il 60% al Comune. Metà della quota assegnata  al Comune (30%) dovrà essere impiegata per realizzare le demolizioni delle opere abusive, l'altra metà dovrà essere impiegata per interventi di riqualificazione, con priorità agli edifici scolastici” ma anche per altre iniziative correlate, come quelle per il verde pubblico o la viabilità.

Va detto che tanta durezza ha sempre avuto, nel nostro paese, esito infausto. Ma qualcuno che la rende comunque coerente e ben congegnata può se non altro metterci ben davanti alle nostre responsabilità.

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