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Questo articolo è stato pubblicato il 03 febbraio 2014 alle ore 09:41.

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All'inizio, quei due napoletani gli saranno risultati addirittura simpatici. Se li porta al ristorante a mangiare, gli racconta aneddoti e curiosità della sua esperienza nella Milano nerazzurra, gli parla di suo cognato e della sua famiglia. In Spagna lo conoscono come l'«hombre vertical», l'uomo tutto d'un pezzo, l'allenatore giramondo, Hector Cuper.
E quando i suoi misteriosi visitatori, andando a pescare nei calzini, negli slip e in chissà quali altre recondite tasche mazzette di banconote da 500 euro, che nemmeno il più esperto dei contrabbandieri avrebbe saputo nascondere così bene, gli fa i complimenti e gli confida che, una volta, viaggiando tra uno Stato e l'altro, anche lui aveva fatto lo «spallone» per una cifra molto più bassa (circa 20mila euro) ed era quasi morto di paura.

Ma le cose cambiano ben presto, e quel rapporto di simpatia muta inesorabilmente. Cosicché, a un certo punto, pure Hector capisce di aver fatto una grossa sciocchezza ad accettare quei 200mila euro in contanti da gente che nemmeno aveva mai visto in vita sua. E, infatti, messo alle strette, tallonato giorno e notte dai creditori per la restituzione dei soldi, alla fine ammette l'errore. E al telefono (intercettato) sbotta: "Giovanni, io sono pentito di aver fatto questa cosa eh...".

Soffiate a perdere. La "cosa" a cui Hector Cuper, l'ex allenatore dell'Inter indagato a Napoli dall'Antimafia per riciclaggio e frode sportiva, fa riferimento è un accordo criminale stretto con un paio di scommettitori incalliti di Castellammare di Stabia, nel Napoletano. Convinti dall'illusione di arricchirsi presto e senza sforzo, i due hanno corrotto l'allora allenatore del Racing Santander arrischiandosi poi a puntare su presunte partite pilotate suggeritegli proprio dal mister. Uno che, secondo loro, poteva conoscere in anticipo il risultato dei match della Liga spagnola e del campionato argentino in virtù della sua amicizia con il designatore arbitrale iberico. Sarà la loro fine, questa illusione. Perderanno le scommesse a ripetizione. Una, due, tre volte. Ci riproveranno ancora, indebitandosi fino al collo per recuperare quanto già bruciato e finendo, è l'ipotesi degli investigatori, tra le braccia mortifere di usurai e camorristi. Tenteranno il tutto per tutto, i due, per cercare di azzerare il passivo record di un milione di euro. D'altronde si sa, la speranza è l'ultima a morire. E scommetteranno nuove vagonate di euro in un altro paio di occasioni. Ma saranno soldi sprecati. Per ben cinque volte saranno gabbati dalla fortuna (e dalle informazioni sballate di Cuper).

Telefoni bollenti. È una inchiesta assai complessa e dai risvolti imprevedibili quella che si ritrovano tra le mani i pubblici ministeri della Dda sugli affari del clan D'Alessandro nel mondo delle scommesse calcistiche nella provincia sud del capoluogo. Filone in cui s'intrecciano minacce, pestaggi e riciclaggio di denaro sporco. All'ex coach dei nerazzurri, gli investigatori arrivano tramite le intercettazioni telefoniche attivate in un diverso procedimento. Sono sulle tracce di un latitante, i carabinieri, quando ne sentono parlare di sfuggita. Ma quasi non ci fanno caso. Il loro obiettivo è uno dei capi della cosca di Scanzano, il rione-ghetto della città stabiese: il boss Pasquale D'Alessandro.
In una di queste conversazioni, che il Sole24Ore ha potuto leggere, spunta la voce di Giovanni. Quello che poi riceverà le scuse di Cuper. È lui a fare, per la prima volta, il nome dell'allenatore sudamericano al cellulare. E lo fa nella maniera più esplicita possibile. "I soldi che ho portato a Cuper, era per comprare le partite si o no? […] Eh sì, non le abbiamo avute! Noi abbiamo pagato e non le abbiamo avute!".

Le mail dall'Argentina. Da quel momento in poi, le parole, le incomprensioni, i fraintendimenti tra il tecnico argentino e i due napoletani cominceranno a rotolare e non si fermeranno più. Cuper, accerteranno gli inquirenti, si farà consegnare 200mila euro in contanti in cambio di informazioni top-secret. L'accordo prevede che gli emissari argentini del tecnico si facciano vivi coi due scommettitori per segnalare gli eventi sportivi dal risultato sicuro. Tornati a Castellammare di Stabia, i due scommettitori attendono impazienti le soffiate. Alla fine arrivano con qualche giorno di ritardo, tanto da suscitare qualche dubbio sulla bontà dell'operazione. Ma davanti a un gigante del calcio internazionale che ti strizza l'occhio suggerendoti su quale incontro investire un mucchietto non proprio esiguo di banconote non c'è pessimismo che tenga. Peraltro, a convincerli a battere questa strada era stata una circostanza tutt'altro che di second'ordine: con una precedente scommessa pilotata, uno dei soci aveva incassato ben 400mila euro puntandone appena 60mila.

Dunque, il canale era buono ed era stato anche sperimentato con successo. Arriviamo così a metà 2007, quando sulla mail dei due arrivano le tanto attese dritte. Il primo blocco è di tre partite "sicure". I due raccattano in giro un bel po' di soldi e alla fine mettono assieme 250mila euro. Li puntano sulla tripletta, certi che ne guadagneranno almeno il doppio se non di più. Indovineranno solo due risultati. Il terzo li fa precipitare nel burrone della disperazione.

Minacce al mister. La storia va avanti ancora qualche mese, fino a quando i due decidono di incontrare Cuper di persona e di esigere la restituzione dei 200mila euro per la "consulenza". Non chiedono – e questo emergerà chiaramente dalle intercettazioni – di rientrare dei soldi persi nelle puntate, circa un milione di euro, ma solo di quelli pagati al mister per il "disturbo". La fase di restituzione sarà più complicata del previsto perché Cuper farà di tutto per seminare gli inseguitori, finendo per farli ancor di più indispettire. Alla fine, i due, dopo averlo rincorso tra hotel, stadio, case e ristoranti, decideranno di registrare i colloqui con l'allenatore per ricattarlo e costringerlo a rimettere il malloppo. I files di queste animate chiacchierate, cui partecipa anche un "mazziere" del clan D'Alessandro, arrivato appositamente da Castellammare di Stabia per incutere timore e, se del caso, pestare il coach, sono stati recuperati dai carabinieri. E sono la prova più chiara delle strane manovre che i tre hanno messo in atto.

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