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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2014 alle ore 08:16.

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MOBILITÀ NELLA PA Pa produttiva con più mobilità La proposta
Mobilità obbligatoria per il pubblico impiego per favorire la ristrutturazione dello Stato. Revisione degli incarichi apicali della Pa, favorendo il ricambio e la cultura dei risultati
Gli strumenti normativi
Dopo il "decreto Brunetta" e le successive manovre economiche (dl 138/2010 e dl 78/2011), la materia è stata riaffrontata con il dl 95/2012, la vecchia spending review, e da ultimo con il dl 101/2013. La mobilità nella Pa è normata ma quasi del tutto inapplicata. Si tratta dunque di dare un impulso politico, magari anche con un nuovo confronto con il sindacato. Andrebbe invece ripresa in considerazione con una nuova norma l'idea di ripristinare il criterio della "rotazione" nell'assegnazione degli incarichi dirigenziali magari rimettendo mano alle norme già esistenti in materia di valutazione della performance (dlgs 150/2008).
I numeri
Una mobilità effettiva nella Pa centrale e periferica potrebbe determinare incrementi di produttività dopo i significativi ridimensionamenti del pubblico impiego realizzati negli ultimi anni. In termini assoluti, da un valore di poco sotto a 3.650.000 unità di lavoro del 2006, si è ora a 3.350.000 unità, pari ad un ridimensionamento occupazionale di 300.000 unità. Come effetto congiunto, la massa retributiva si è stabilizzata nel 2010 ed ha cominciato a ridursi dall'anno successivo, cumulando sino al 2012 (dati Aran) una diminuzione poco sotto al 5%, corrispondente a quasi 6 miliardi di minor spesa nominale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA L'effetto dei tagli e del blocco turn over 6 miliardi8
INVESTIMENTI E INFRASTRUTTURE Piccole opere, piano da 7 miliardi La proposta
Gli investimenti pubblici in infrastrutture sono stati tagliati del 40% dal 2008 a oggi e si sono persi 500mila posti di lavoro in edilizia (dato Istat). È necessario far ripartire immediatamente il settore delle costruzioni con un piano di piccole opere immediatamente cantierabili, come hanno fatto nei mesi scorsi Francia e Spagna. Sono già stati predisposti (e in minima parte finanziati) quattro programmi che dovrebbero entrare a far parte di questo ambizioso piano keynesiano: edilizia scolastica, piano contro il dissesto idrogeolgico, piano dei 6mila campanili, piano città. Ci sono centinaia di progetti selezionati e pronti per essere cantierati che possono valere lavori fino a 7 miliardi di euro. Ora si tratta di accelerare le procedure e trovare immediatamente le risorse di cassa necessarie, rompendo gli indugi che finora hanno avuto il ministero dell'Economia e la Ragioneria generale. Una proposta è utilizzare per il rilancio infrastrutturale le risorse che arriveranno dal rientro dei capitali. Allentare, anche, il patto di stabilità interno secondo criteri meritocratici.

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