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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2014 alle ore 06:40.

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Al Maidan, la piazza dell'Indipendenza del centro di Kiev, ora si arriverà per una via ribattezzata "Viale della Gloria dei cento beati", le vittime della rivolta. Consapevoli che la voce della protesta ormai non può più essere ignorata, i politici che hanno lavorato alla formazione di un governo di unità nazionale hanno convocato ieri sera la piazza, il Soviet del Maidan, e sottoposto all'approvazione dei manifestanti i nomi dei ministri. Con la loro benedizione, nuovo premier sarà Arseniy Yatsenyuk, alleato di Yulia Tymoshenko.
Tenere unite le anime del Paese sarà terribilmente difficile, come si è affrettata a ricordare ieri la Crimea. E, alle sue spalle, la Russia. Che ha annunciato una serie di test sullo stato di prontezza al combattimento delle unità del Distretto militare occidentale e della Seconda armata del Distretto centrale. Esercitazioni, ha precisato il ministro della Difesa russo Serghej Shoigu, che non hanno niente a che vedere con la situazione in Ucraina anche se, ha aggiunto il ministro, la Russia «intende garantire la sicurezza dei propri impianti, delle infrastrutture e degli arsenali della Flotta del Mar Nero».
Simili esercitazioni, lo scorso anno, sono state condotte in Russia almeno sei volte. Ma con gli occhi del mondo fissi sull'Ucraina e sui brontolii secessionisti della Crimea, l'ordine del comandante in capo delle forze armate russe - cioè Putin - ha subito conquistato i titoli dei giornali, e alimentato ancor più la tensione. Londra e Washington mettono le mani avanti: «Chiederemmo a tutti di consentire al popolo ucraino di ricomporre le proprie divergenze interne e determinare il proprio futuro senza interferenze esterne», ha commentato al vertice Nato di Bruxelles il segretario britannico alla Difesa, Philip Hammond. Mentre il segretario di Stato americano John Kerry ha ripetuto che la Russia deve rispettare l'integrità territoriale ucraina: «Non abbiamo bisogno di un vecchio confronto da guerra fredda», ha detto.
A Simferopol, centro amministrativo della repubblica autonoma di Crimea, l'ostilità della maggioranza di etnia russa verso il cambio della guardia avvenuto a Kiev era sfociata nel pomeriggio in scontri con rappresentanti della comunità di minoranza dei Tartari di Crimea, schierati sul fronte contrario.
La polizia ha faticato a mantenere l'ordine tra i due schieramenti che - ciascuno forte di alcune migliaia di persone - si gridavano contro "Russia!" oppure "Ucraina!". La seduta straordinaria del Consiglio supremo, in mancanza del quorum, è stata rinviata. In agenda era la richiesta della maggioranza russofona di ripristinare la Costituzione del 1992, che dà alla penisola il diritto di eleggere un proprio presidente e di gestire in autonomia la politica estera. All'esame anche l'ipotesi di un referendum che chieda agli abitanti se vogliono mantenere per la Crimea l'attuale status di repubblica autonoma oppure cercare l'integrazione alla Russia. Che qui, fino al 2042, manterrà le basi della Flotta.
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